
ROMA - Un pranzo al Quirinale per spiegare i contenuti del summit europeo di oggi e domani e poi la partenza per Bruxelles, in anticipo rispetto ai piani. Enrico Letta dopo il Consiglio dei ministri sale al Colle. Con lui da Napolitano sono Alfano, Saccomanni, Moavero, Bonino e Giovannini. Fonti del Quirinale spiegano che c’è stato «un ampio e convergente scambio di opinioni sulle posizioni con le quali l’Italia contribuirà all’importante sessione del Consiglio europeo». E in tempi di fibrillazioni nella maggioranza è già qualcosa. In effetti il summit, grazie ai negoziati silenziosi di Letta e Moavero, dovrebbe sorridere all’Italia, con buona parte delle istanze di Roma già entrate nella bozza di conclusioni del vertice. Ma c’è una mina pronta a esplodere che potrebbe mandare tutto all’aria.
«In queste ore sto avendo contatti con Barroso e Schulz per aiutare a trovare un compromesso sul bilancio Ue che è decisivo per l’esito del Consiglio europeo», dice Letta intercettato dai cronisti all’uscita del suo hotel brussellese. In effetti il no dell’Europarlamento al bilancio 2014-2020 proposto dai governi renderebbe carta straccia gli accordi su occupazione e crescita che verranno siglati oggi e domani. L’aula di Strasburgo reclama una serie di miglioramenti rispetto all’accordo al ribasso siglato a febbraio dai leader e sfrutta l’occasione per avere la meglio sui governi (agguerrite nel no Londra e Berlino). Se entro oggi non ci sarà un compromesso, i deputati Ue non potranno votare il bilancio a luglio rendendo impossibile il normale avvio dell’esercizio nel 2014 e facendo saltare la programmazione delle nuove politiche dell’Unione. Questa mattina una prima riunione d’urgenza tra Schulz (Parlamento), Barroso (Commissione) e Kenny (Consiglio). Ma la giornata sarà monopolizzata dal dossier.
L’Italia è particolarmente ansiosa di disinnescare la mina. Basta leggere la bozza di conclusioni del summit per capirlo. Letta porta a casa l’avvio già a gennaio del Fondo per l’occupazione giovanile da sei miliardi che saranno spesi in due anni e non sette. Con una clausola di revisione per rifinanziarlo nel 2016. Si rilancia poi il Piano della crescita da 120 miliardi approvato un anno fa ma rimasto al palo. C’è infine un nuovo piano di investimenti con al centro la Bei, chiamata a mettere in circolo fino a 150 miliardi nel periodo 2013-2015 per finanziare la ripresa economica. Resta da capire come la leva finanziaria della Banca europea degli investimenti riuscirà a mobilitare le centinaia di miliardi previsti dai due piani partendo da un semplice aumento di capitale di 10 miliardi versato un anno fa ma che fino ad oggi non ha dato frutti. Roma porta a casa anche un nuovo riferimento alla flessibilità per i paesi virtuosi, come ora è l’Italia, sul deficit: «Si ricorda la possibilità di bilanciare gli investimenti produttivi con la disciplina di bilancio». La Golden Rule con la quale Letta spera di liberare risorse nel 2014. La comunicazione di Bruxelles per la sua interpretazione è stata bloccata due volte nello scontro tra rigoristi e non. Ma per Roma non sarebbe un dramma: meglio negoziare volta per volta gli investimenti da non conteggiare nel deficit piuttosto che dover sottostare a criteri restrittivi.
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