
La nomina del presidente dell'autorità antitrust è stata accolta dal Fatto come un pessimo segnale del nuovo clima bipartisan instauratosi con il governo Monti. Il conferimento dell'incarico compete ai presidenti delle Camere e il fatto che a presiedere il Senato sia un avvocato palermitano poteva suggerire di non andare a pescare il nuovo presidente fra i suoi colleghi. La questione è comunque opinabile e in ogni caso non è quella centrale per il Fatto, che da tempo attacca Schifani per alcuni suoi passati mandati difensivi e ora coinvolge il neo-nominato professar Pitruzzella nello stesso gorgo rimproverandogli contiguità con l'attualmente detenuto Toto Cuffaro di cui il professore è stato consulente alla Regione oltre che coautore di un libro. Dunque molto peggio di una questione di opportunità. E per questo l'articolo di due giorni fa di Felice Cavallaro sul Corriere della Sera era sorprendente, perché dava la parola al procuratore aggiunto Ingroia, beniamino del giornale di Travaglio, e al procuratore Lo Forte che tessevano una accorata difesa del professore Pitruzzella.
Logico che i conti non tornassero al Fatto che ieri replicava con un articolo di Marco Lillo che se la prendeva oltre che con i due magistrati anche col giornale che ne aveva riportato il parere. Eppure, se il Fatto ritiene di avere ragione nella sua polemica con Schifani, l'articolo di Cavallaro potrebbe essere una utile occasione di riflessione per Travaglio e i suoi lettori.
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