
Le lacrime che ha visto sgorgare dagli occhi di quegli uomini feriti nel profondo, o forse quella domanda angosciante che si è sentito rivolgere a bruciapelo da una delle vittime: «Santità come sono potuti accadere questi abusi su dei bambini?», devono averlo tormentato per tre giorni. Benedetto XVI nella sua prima uscita pubblica dopo il viaggio a Malta che ha concluso con un commovente abbraccio a otto abusati, ha parlato a cuore aperto di questa esperienza davanti a trentamila persone. All’udienza generale, in piazza san Pietro ha detto: «Ho condiviso con loro la sofferenza e con commozione ho pregato con loro, assicurando l’azione della Chiesa». La sua intenzione è di andare fino in fondo e portare i responsabili a giudizio, anche se, secondo le vittime maltesi, finora solo un paio di sacerdoti molestatori sono stati riconosciuti colpevoli. Oltre a non essere stati ridotti allo stato laicale ma vivono ancora sull’isola, sebbene in un convento isolato. Quella della pedofilia è una bella grana e non si vede la fine. Negli Usa ieri è scoppiato l’ennesimo caso: il nuovo vescovo della diocesi di Miami, monsignor Thomas Wenski, fresco di promozione, è stato accusato da un gruppo di vittime di aver coperto alcuni sacerdoti pedofili. A sollevare il caso è stato il direttore esecutivo dello ‘Snap’ (Survivors Network of those Abused by Priests), David Clohessy, che ha accusato il presule di «inganno, ritardo e spericolatezza» nella gestione del problema quando era vescovo di Orlando. Il vescovo si difende sostenendo di avere adottato già nel 1990 la linea della tolleranza zero: «Non ho nulla da scusarmi».
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