
ROMA - «Il risultato di queste Amministrative non va enfatizzato oltre i suoi indubbi limiti, ma richiede anche qualche seria riflessione. L'astensionismo così forte, anche se nettamente differenziato fra il Centro-Nord e il Sud, è certamente un campanello di allarme».
Fabrizio Cicchitto, presidente della Commissione esteri della Camera, torna a parlare dell'esito non entusiasmante del primo turno delle Amministrative per il partito di Berlusconi e sul malumore che agita il Pdl che vede a rischio sue tradizionali roccheforti. Per Cicchitto, però, non avere fatto l'election day è stato un grave errore «perché si è richiesto a otto milioni di italiani di recarsi nuovamente alle urne dopo pochi mesi in una situazione nella quale il rapporto fra i cittadini e la politica è così difficile». Ma la critica di Cicchitto si allarga subito alla strategia che ora dovrà adottare il Pdl: «Per ciò che ci riguarda è decisivo che il governo affronti positivamente il nodo della politica economica, con particolare riferimento all ‘Imo, all'Iva, alla detassazione per i nuovi assunti. E su questo versante che si giocala partita decisiva».
Il risultato non positivo per il centrodestra di queste elezioni richiede inoltre che si apra una riflessione sulla struttura partito. Per Cicchitto «non c'è contraddizione tra la leadership carismatica di Berlusconi e la costruzione, specie ai livelli regionali e locali, di un partito democratico in cui gli iscritti eleggano tutti i coordinatori, compresi quelli regionali e in cui le decisioni ai vari livelli locali, prese dopo un serio dibattito, devono essere vincolanti per tutti, in modo cogente, senza doppie liste, ricatti e separazioni seguite da ipocrite ricomposizioni». In sostanza, Berlusconi deve essere sostenuto da un partito democratico e strutturato.
Nella riunione dei capigruppo di Camera e Senato il discorso ha però ben presto «girato» su un tema sempre verde per il centrodestra, quello del difficile rapporto con la magistratura. «Vogliamo esprimere affetto, vicinanza e solidarietà al nostro presidente Berlusconi, che da 20 anni è oggetto di una terribile persecuzione giudiziaria», così i capigruppo Renato Brunetta e Renato Schifani hanno aperto i lavori dei gruppi parlamentari. Un messaggio rivolto all'ex premier Berlusconi, rimasto in Sardegna, e accolto dall ‘applauso di deputati e senatori. Nonché accompagnato dall'appoggio di una nuova formazione, «l'Esercito della libertà», frutto di un'idea di Simone Furlan, imprenditore e presidente del movimento politico «Forza Insieme».
L'«esercito di Silvio» si prepara a combattere la sua personale «Guerra dei vent'anni». Per «difendere il presidente» agli aspiranti combattenti in nome di Silvio non servono i «tre giorni di naja», ma è sufficiente la compilazione di un modulo in cui «il sottoscritto» dichiara di «riconoscersi» in Berlusconi, «nel suo pensiero, nei suoi ideali e nel suo operato», «di essere pronto a partecipare ad eventi o manifestazioni in supporto del presidente Berlusconi per affermare il principio che la sovranità popolare non può essere sovvertita in alcun modo tranne attraverso l ‘azione politica».
Al momento i soldati sono 1.3o4. Marco Pannella, che ieri insieme ad altri esponenti radicali ha presentato i quesiti di cinque referendum sulla giustizia in Cassazione, ha detto che «Berlusconi non è Tortora, ma la persecuzione nei suoi confronti c'è».
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