
02/11/10
Il Mattino
Che lo si chiami governo di transizione, o del presidente, o di responsabilità nazionale, un paletto sembra fissato: deve avere il fiato per durare almeno 12-15 mesi e portare al voto non prima della primavera del 2012. Se mai nascerà il nuovo governo, insomma il programma non potrà limitarsi alla riforma elettorale, ma dovrà selezionare alcuni interventi economico-sociali in modo da rispondere alle nuove scaderne europee. Per certi aspetti si tratta di un passo avanti di chi lavora al cantiere del dopo Berlusconi e, ovviamente, non intende tornare alle urne alle condizioni del Cavaliere (con la crisi di governo dopo gennaio e senza toccare il Porcellum). Ma alzare l’asticella vuol dire anche aumentare la difficoltà dell’impresa. La posta in gioco di questo passaggio politico è altissima per tutti. Pier Luigi Bersani ha incassato ieri il consenso anche di Walter Veltroni e ora può parlare con Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, avendo alle spalle l’intero gruppo dirigente del partito. Peraltro il «modello Ciampi», evocato da Veltroni, è lo stesso usato da Massimo D’Alema (nel confronto ad Asolo con Fini) e da Enrico Letta. E per Bersani l’intesa anche con Veltroni è preziosa: non di rado Casini pone a lui e a D’Alema dubbi proprio sulla compattezza dei Pd. Semmai questi dubbi ora si trasferiscono sull’Idv, che si dice disposta solo ad un esecutivo tecnico per la riforma elettorale. Ma se i voti Idv fossero decisivi, difficilmente Antonio Di Pietro potrebbe schierarsi con Silvio Berlusconi: peraltro le scadenze ravvicinate potrebbero rafforzare proprio chi vuole impedire la nuova legge. Mentre l’Idv segue con interesse gli studi degli sherpa di Pd, Udc e Fli, che lavorano su un mix di proporzionale di lista e uninominale a doppio turno. Il vero problema del cantiere resta Fini. I contatti del presidente della Camera con Casini e Bersani si sono intensificati in questi giorni di acuta crisi di Berlusconi. Fini sa bene che l’apertura della crisi prima dell’approvazione della legge di stabilità (l’ex Finanziaria) darebbe al Quirinale un argomento in più per formare un nuovo esecutivo. Ma non vuole che il «cerino» della crisi si spenga nelle sue mani. Teme di mettere a rischio la compattezza dei «futuristi». Non vede possibile - e l’ha già detto a Bersani - una convergenza su una mozione di sfiducia delle opposizioni. In altre parole, si sente costretto ancora a navigare a vista. Comunque, anche per lui, se il governo di transizione dovesse nascere, meglio che duri un anno almeno. Ma c’è ancora un’altra grande incognita: il Pdl. Il caso Ruby ha assestato un colpo più duro del solito. Ma finché Berlusconi resta in sella, il Pdl è una sua emanazione. Mario Monti «Convergenze trasparenti e temporanee tra riformisti presenti nei due schieramenti» La Lega stessa continua ad assicurare massima lealtà. Resterà così solido l’asse Pdl-Lega dopo l’eventuale crisi di governo? Saranno granitici i gruppi Pdl nell’opposizione ad un governo del presidente e seguiranno compatti la linea delle elezioni anticipate? Qualche scricchiolio, qualche linea di frattura a dire il vero è comparsa. Beppe Pisanu, ad esempio, sostiene da tempo la necessità di un governo di solidarietà nazionale. E un gruppo nutrito di senatori Pdl si è visto di recente a cena, lanciando segnali di indisponibilità al voto anticipato. Certo, non è immaginabile che Gianni Letta rompa con Berlusconi in un simile frangente: ma il sottosegretario alla Presidenza è oggi il catalizzatore del fronte moderato interno al Pdl che punta a ricostruire un rapporto con Fini e Casini. E il governo di transizione potrebbe diventare, appunto, lo strumento necessario allo scopo, visto che Berlusconi oggi può solo confliggere con Udc e Fli. Quanto al programma economico, Mario Monti, ex commissario Ue, ha appena ricordato che il «piano nazionale delle riforme», imposto dai nuovi accordi europei, reclama «temporanee e trasparenti convergenze tra energie politiche riforniste presenti nei due schieramenti». Il Pd ha inserito nelle sue proposte i punti ancora inattuati di Monti per aprire il mercato interno europeo. La ricerca del nome del nuovo Ciampi verrà dopo, ma il profilo ideale non è molto lontano da questo.
© 2010 Il Mattino. Tutti i diritti riservati