
27/04/10
Corriere della Sera
Pierluigi Bersani non nutre fiducia alcuna nel Berlusconi del 25 Aprile. Non crede all’apertura del premier sulle riforme, anzi guarda con «profonda sfiducia» alla possibilità che il governo riesca a «mettere mano a qualcosa di concreto». Il segretario del Pd si è convinto che il presidente del Consiglio voglia solo il voto anticipato e, a Repubblica, dichiara che in questo contesto le riforme sono «impossibili».
Parole che sollevano un polverone nel centrodestra. Lo attaccano Bondi, Cicchitto, Calderoli e, a sera, Di Pietro raccoglie i frutti dello scontro: «Bersani? Benvenuto tra noi». Visto il fuoco incrociato, al vertice del Pd provano ad aggiustare il tiro. Non è che il leader democratico non voglia fare le riforme, spiegano al Nazareno, «quella del segretario è più una sfida che un no al confronto».
E adesso, dal punto di vista dei democratici, il cerino acceso è in mano al premier, è lui che deve«passare
dalle parole ai fatti» con una proposta. Lo dice Enrico Letta, numero due del Pd: «Se la maggioranza è nell’impasse non cerchi pretesti nell’opposizione. Escano dall’altalena fra minacce e ramoscelli d’ulivo». Il dialogo rischia il naufragio, ma uno spiraglio c’è. Dopo il capo dello Stato anche il presidente del Senato, Renato Schifani, torna a chiedere di «mettere da parte incomprensioni, pregiudizi, steccati ideologici» per ritrovare «concordia e dialogo», condizione indispensabile per «le grandi riforme della seconda parte della Costituzione». E una proposta (trasversale) per cambiare la Carta sarà presentata domani alla Camera dagli onorevoli Pisicchio (Api), Pecorella (Pdl), Tenaglia (Pd) e Contento (Pdl).
Ma la destra attacca. Bersani non pensa alle riforme, è la tesi del presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto: il suo obiettivo è «costruire un cosiddetto patto repubblicano, nuova versione del fronte, popolare, aperto eventualmente a Fini». Il ministro Sandro Bondi si chiede come possa «un grande partito» che aspira al governo del Paese respingere le «chiare intenzioni» del premier. E Maurizio Lupi, Pdl, rimprovera al segretario del Pd un «complesso di inferiorità» nei confronti di Di Pietro:
«Bersani gufa...». Il clima non è propizio, eppure la Lega non si arrende. Il ministro Roberto Calderoli è pronto a mettersi al lavoro, con l’opposizione o senza: «Se ci sono i numeri rimbocchiamoci le maniche e partiamo alla carica».
Di Pietro gongola e legge la chiusura di Bersani come la conferma della sua strategia: «L’Idv lo ha sempre sostenuto, di Berlusconi non ci si può fidare...». Il Pd è tutt’altro che compatto. Se Luciano Violante sostiene di avere «il dovere di credere al premier» e spera nell’intesa, Dario Franceschini dichiara al Tg3 l’esatto opposto: «E’ difficile credere a Berlusconi, in tanti anni non ha mai fatto una riforma vera». Dicono che abbia chiamato Fini per complimentarsi... «È normale - conferma il capogruppo
del Pd alla Camera -, ci sentiamo con frequenza». E oggi Letta aprirà il cantiere programmatico per trovare le dieci parole chiave dell’alternativa di governo.
Parole che sollevano un polverone nel centrodestra. Lo attaccano Bondi, Cicchitto, Calderoli e, a sera, Di Pietro raccoglie i frutti dello scontro: «Bersani? Benvenuto tra noi». Visto il fuoco incrociato, al vertice del Pd provano ad aggiustare il tiro. Non è che il leader democratico non voglia fare le riforme, spiegano al Nazareno, «quella del segretario è più una sfida che un no al confronto».
E adesso, dal punto di vista dei democratici, il cerino acceso è in mano al premier, è lui che deve«passare
dalle parole ai fatti» con una proposta. Lo dice Enrico Letta, numero due del Pd: «Se la maggioranza è nell’impasse non cerchi pretesti nell’opposizione. Escano dall’altalena fra minacce e ramoscelli d’ulivo». Il dialogo rischia il naufragio, ma uno spiraglio c’è. Dopo il capo dello Stato anche il presidente del Senato, Renato Schifani, torna a chiedere di «mettere da parte incomprensioni, pregiudizi, steccati ideologici» per ritrovare «concordia e dialogo», condizione indispensabile per «le grandi riforme della seconda parte della Costituzione». E una proposta (trasversale) per cambiare la Carta sarà presentata domani alla Camera dagli onorevoli Pisicchio (Api), Pecorella (Pdl), Tenaglia (Pd) e Contento (Pdl).
Ma la destra attacca. Bersani non pensa alle riforme, è la tesi del presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto: il suo obiettivo è «costruire un cosiddetto patto repubblicano, nuova versione del fronte, popolare, aperto eventualmente a Fini». Il ministro Sandro Bondi si chiede come possa «un grande partito» che aspira al governo del Paese respingere le «chiare intenzioni» del premier. E Maurizio Lupi, Pdl, rimprovera al segretario del Pd un «complesso di inferiorità» nei confronti di Di Pietro:
«Bersani gufa...». Il clima non è propizio, eppure la Lega non si arrende. Il ministro Roberto Calderoli è pronto a mettersi al lavoro, con l’opposizione o senza: «Se ci sono i numeri rimbocchiamoci le maniche e partiamo alla carica».
Di Pietro gongola e legge la chiusura di Bersani come la conferma della sua strategia: «L’Idv lo ha sempre sostenuto, di Berlusconi non ci si può fidare...». Il Pd è tutt’altro che compatto. Se Luciano Violante sostiene di avere «il dovere di credere al premier» e spera nell’intesa, Dario Franceschini dichiara al Tg3 l’esatto opposto: «E’ difficile credere a Berlusconi, in tanti anni non ha mai fatto una riforma vera». Dicono che abbia chiamato Fini per complimentarsi... «È normale - conferma il capogruppo
del Pd alla Camera -, ci sentiamo con frequenza». E oggi Letta aprirà il cantiere programmatico per trovare le dieci parole chiave dell’alternativa di governo.
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