
01/10/10
La Discussione
Elezioni o non elezioni, alleanze con il centro o con la sinistra, Vendola o Casini, unità in tema o spaccatura, Bersani o Veltroni. All'indomani del discorso di Silvio Berlusconi alla Camera il Partito democratico si interroga sul più classico dei "che fare". Il concitato passaggio parlamentare ha restituito a tutti i partiti dell'arco costituzionale un ruolo più o meno preciso da recitare nella commedia politica.
La Lega continuerà a soffiare sul fuoco del voto anticipato accontentandosi, mal che vada, di portarsi a casa l'agognata riforma federalista. Il Pdl si trova obbligato a stringersi intorno al capo e a sostenere il prosieguo della legislatura, pronto ad assecondare l'eventuale repentino contrordine che potrebbe arrivare. dal Cav. Il Fli in tandem con il Mpa si appresta a incassare i benefici della clamorosa golden share guadagnata sulla maggioranza. L'Udc rimarrà l'equidistante spettatore interessato che è stato fino a oggi. L'Idv, e il discorso di Di Pietro a Montecitorio lo ha ampiamente dimostrato, continuerà a porsi e proporsi come il più feroce antagonista del premier.
E il Pd? La compagine di Bersani continua ad apparire come un partito in cerca di autore, di linea politica, incerta tanto sulla battaglia da ingaggiare quanto sugli alleati con cui accompagnarsi, indebolita da quelle divisioni interne che per quanto ridimensionate sempre a parole finiscono per minare la capacità d'urto del principale partito d'opposizione. Dopo aver trascorso un'estate sull'altalena, nell'incapacità di scegliere fra la ferma richiesta di elezioni anticipate e l'appello alla responsabilità istituzionale in difesa della stabilità per il Paese, sembra che la linea predominante del dopo-discorso di Berlusconi sia diventata quella di invocare le urne. Martedì il segretario aveva girato un po' intorno a un concetto che ieri Anna Finocchiaro ha reso più esplicito: «Le elezioni sono sullo sfondo -ha premesso - questa maggioranza non tiene più. Berlusconi ha detto che la maggioranza è più forte, ma Bossi subito dopo ha detto che bisogna andare a votare. Noi - la conclusone - siamo pronti: tutto è meglio di questa palude».
A queste parole non è seguita l'ordinaria pioggia di agenzie che testimoniasse un'unità d'intenti diffusa tra i democrat, il che lascia supporre che anche su un tema così importante ci siano divergenti vedute. È noto, ad esempio, che Veltroni preferirebbe un ulteriore anno di decantazione (non si sa bene a quale scopo) e che vedrebbe bene una chiamata alle urne per il 2012. Per rappresentare questa ed altre esigenze l'ex primo segretario si è munito di uno strumento che da ieri sera risponde al nome di Movimendo democratico, la componente nata dalla scissione dei 75 parlamentari vicini alle posizioni dell'ex leader, di Beppe Fioroni e di Paolo Gentiloni.
Prima riunione il 20 ottobre a Roma per una realtà che come da copione rifiuta la definizione di corrente, e che ieri ha saldato il conto con la minoranza di cui faceva parte fino a quel che tempo fa: «Abbiamo intrapreso due strade politicamente diverse. - hanno scritto i movimentisti a Dario Franceschini e colleghi ambedue legittime e rispettabili, e questo non deve mettere in discussione in alcun modo la nostra amicizia e la cordialità dei nostri rapporti». Però tanti saluti. Saluti che a sua volta ha spedito anche Achille Serra sia a Bersani, che a Veltroni che a Franceschini.
Dopo un lungo travaglio, cominciato circa un anno fa quando i democratici scelsero Emma Bonino come candidata alle regionali del Lazio, l'ex prefetto di Roma ha ufficializzato il proprio passaggio nelle fila dell'Unione di centro. Dopo Massimo Calearo, un altro esponente eccellente della truppa che Veltroni portò in Parlamento nel 2008 ha preso le distanze da un partito che deve ancora ritrovare la sua strada.
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