
Mario Monti ripete che nel 2013 chiuderà con la politica. Esperienza a termine, la sua: giusto il tempo di dare una mano all'Italia sul ciglio del burrone e poi tornerà a fare il Professore (e ai suoi consigli di amministrazione). Ma agli italiani, sia pure bastonati dalle tasse e bloccati sul posto di lavoro da una pensione più lontana, questo premier sobrio e molto apprezzato all'estero (prima ci deridevano), piace. E anche i ministri godono di giudizi positivi. Tanto che se il governo dei tecnici decidesse di "farsi" partito, alle urne lo voterebbe il 22% degli elettori. Un successo clamoroso. La discesa in campo dei Monti boys avrebbe come effetto collaterale il risveglio di una parte degli indecisi e di coloro che non ne vogliono più sapere di votare per (questi) partiti: la soglia del non voto scenderebbe dal 47 al 33 per cento.
Partiti ridimensionati. Per adesso il governo dei tecnici non c'è, è solo un'ipotesi del sondaggio di Ipr Marketing, commissionato da Repubblica.it. Ma se il partito di Monti raccoglie così tanto, agli altri che succede? Prendono una bastonata. Cioè perdono molti consensi, com'è matematico. Quasi tutti e tutti quelli che appoggiano l'esecutivo. Il Pdl, che nei sondaggi, da mesi non è più il primo partito, scende dal 22 per cento di cui è accreditato oggi se si andasse alle urne (ma altri sondaggisti, Swg e Ispo non gli assegnano più del 20) al 17 per cento. Il Pd si adegua e va giù, dal 28 al 22 per cento, la stessa quota del partito dei tecnici. Oggi i Democratici e la strana aggregazione di Monti sarebbero i primi due partiti. Dallo tsunami (ipotetico) dei tecnici non verrebbe risparmiato nemmeno il Terzo Polo che pure è il più fervente sostenitore dei "professori": l'Udc dimezza i consensi, dall'8 cala al 4 per cento, Fli dal 3,5 al 2 per cento mentre l'Api quasi scompare e pure Di Pietro dimagrisce dal 7 al 5%. Non perdono e non guadagnano Sel di Nichi Vendola e il Movimento 5 Stelle di Grillo, "paga" in termini positivi l'opposizione dura della Lega Nord: guadagna un mezzo punto e dal 9,5 per cento passa al 10.
Secondo Repubblica addio? Il Professore, insomma, sta squarciando la Seconda Repubblica. Dopo anni di politica promessa e di pochi fatti, di urla e invettive più che di confronto l'elettore si è accorto che si può fare politica. E la governabilità non è un miraggio o un optional. Ha constatato che nei talk show c'è chi sa di cosa parla: è competente, anche se sta per massacrarlo. Forse l'elettore pensa che i sacrifici cui è sottoposto servano a qualcosa. Confronta i due modelli. E sceglie.
Per Osvaldo Napoli, vice presidente dei deputati Pdl, l'exploit virtuale di Monti è «un aspetto folkloristico». Ma non sottovaluta il sondaggio «e cioè l'esistenza, oggi, in Italia di una forte domanda di politica nuova più che di novità politiche». E sicuramente così per la domanda di politica nuova ma è sicuro il deputato (e sindaco) che gli italiani non vogliano anche vedere facce nuove? Netta è la sfiducia verso quello che - dopo quattro mesi di tecnici al governo - appare come il "vecchio" sistema. La classe politica attuale ne esce con le ossa rotte. E bocciato anche il modo di intendere la rappresentanza politica?
Lo stile. Infatti un politico navigato come Gianfranco Fini, presidente della Camera e leader di Fli, dice che dopo le prossime elezioni nessuno «potrà più prescindere dallo stile introdotto dal Professore». Fotografa, Fini, la necessità di un profondo aggiornamento del modo di fare politica in Italia. E dire che il Pdl aveva dato le chiavi a Monti convinto di riprendersele dopo il "lavoro sporco" che il Professore avrebbe compiuto. Quel lavoro che la vecchia coalizione non aveva saputo svolgere.
Titoli di coda. Angelino Alfano, segretario Pdl, ammette che «le prossime elezioni rappresenteranno i titoli di coda di un film che sta per chiudersi» il Pdl si presenterà alle urne da solo, senza Berlusconi e senza l'asse del Nord, avendo pagato un prezzo altissimo al salvataggio del Paese dalla crisi. Berlusconi si affanna a dire (visto il crollo del suo partito nei sondaggi, il Pdl era al 37% nel 2008, oggi è intorno al 20) che quattro mesi fa si è dimesso per «il bene dell'Italia». E ribadisce che «non si ripresenterà più». In realtà si è capito, soprattutto quando Monti va all'estero, che c'è un modo di rappresentanza del Paese basato sulla conoscenza dei problemi e non sulle battute o le corna esibite, che mascherano poca capacità.
Non si registrano reazioni degli altri partiti al sondaggio Ipr. Forse è comprensibile, dato l'esito. Nei partiti, tuttavia, qualcuno si rende conto che la Seconda Repubblica è davvero vicina al pensionamento: a destra (ma anche in un a parte del Pd) e al Centro si dà per scontato che Monti o il suo super ministro Corrado Passera, possano guidare una coalizione politica nel 2013 o addirittura una Grosse Koalition . Cioè un gigantesco inciucio. Che siano convinti della svolta o stiano semplicemente prendendo tempo in attesa che "passi la nottata", non si sa. Però lo dicono.
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