
28/04/10
Il Riformista
«Le cose che dico a lei le sa già anche Berlusconi. Ho scritto una lettera a lui, a Fini e alla Polverini. So che l’hanno ricevuta tutti e quindi il presidente lo sa che non io non sto scherzando. Ora sono le 17, giusto?». Giusto. «Tra un’ora e mezza, alle 18 e 30, mi aspetta il mio avvocato. Visto che lo sospettavo sin dall’inizio che ci volevano fregare, avevo presentato un mio ricorso contro l’esclusione della lista del Pdl di Roma. L’udienza è fissata il 6 maggio e, insieme al mio legale, devo presentare i motivi aggiuntivi». Ma le elezioni poi le avete vinte, le ha vinte la Polverini. «E invece io chiedo l’annullamento del voto laziale e l’immediato ritorno alle urne. Glielo ripeto, tanto lo sa già anche Berlusconi. Non scherzo, io...».
L’«io», e cioè lui, si chiama Fabio Desideri. Non è un esponente incavolato del Pd né tantomeno un radicale che non s’è rassegnato alla sconfitta della Bonino. Anzi. E un mister preferenze del Pdl, già sindaco di Marino e consigliere regionale uscente. Uno di quelli che «sarei stato eletto di sicuro», se non fosse stato per la lista venuta a mancare all’improvviso. Uno di quelli che s’è stato zitto e ha portato acqua al mulino della lista civica della Polverini sperando in un posto al sole della giunta. Poi, però... «Ma io lo sapevo che ci avrebbero fregati. Infatti avevo presentato un mio ricorso. Dal coordinatore Sammarco ai vertici del partito del Lazio, Piso e Pallone: quelli che hanno combinato il casino, invece di essere cacciati dal partito a calci, hanno piazzato i loro uomini in giunta regionale, lasciando a casa gente che rappresenta almeno 200mila voti totali. Ora col mio avvocato allego ai motivi aggiuntivi del ricorso anche il video che testimonia che Milioni e compagnia stavano dentro il Tribunale già alle 11,33 del mattino. E vediamo come va a finire». Tra l’altro, aggiunge Desideri, «chissà perché quel documento non è stato mai acquisito. Ci dev’essere sotto qualcosa».
Sotto non si sa che cosa c’è. Sopra, però, c’è il Pdl uscito vincitore dalle regionali del Lazio che, a poche ore dalla nascita della giunta Polverini, è già spaccato in mille pezzi. Bastava vederli martedì, i maggiorenti del partito riuniti al coordinamento romano. E’ stato sufficiente che il segretario Sammarco aprisse i lavori dedicando un passaggio dell’intervento a un gruppo di consiglieri comunali dissidenti («Mi dispiace ma non siete membri del coordinamento e non potete intervenire») perché dalle retrovie partisse l’evergreen: «Noi cene andiamo ma prima tu vattene affan...».
C’era pure Alfredo Milioni, il sicario amico della lista pidiellina della provincia di Roma, a dispensare pizzini e avvisi ai naviganti con destinatario sconosciuto: «Io sono come il Primo Greganti del Pdl». Come a dire, "forse sto zitto come quello del Pds sul conto Gabbietta, ma se parlo...".
Nella succursale laziale del partito dell’amore, i rivoli dell’odio scorrono come mille affluenti in un unico fiume. Che collega il comune di «Gianni» alla regione di «Renata». Alemanno (che tra l’altro ce l’ha con la seconda per l’esclusione dell’Udc dalla giunta) non riesce a governare l’Aula Giulio Cesare perché un gruppo di sette frondisti della maggioranza (Angelini, Aiuti, Aurigemma, Fioretti, Quarzo, Todini e Vannini) fa sì che le riunioni del consiglio comunale finiscano, da un po’ di tempo a questa parte, con l’immancabile «manca il numero legale». Risultato? Niente, immobilismo.
Polverini, invece, si trova alle prese con chi, come Desideri e il suo groppone di mister preferenza traditi, s’è ritrovato in un sol colpo fuori dalla consiglio e fuori dalla giunta. La lista è lunga come l’appello di una seconda media: Celori, De Lillo, Gralnazio Palombi, Sartori, Robilotta, molti deiquali sono consiglieri regionali uscenti. Per non parlare dei centristi dell’Udc, che hanno sbattuto la porta sdegnosamente perché - ha riferito il speaker casiniano Ciocchetti - «il neo governatore non ha rispettato i patti».
Una fronda contro Alemanno. Una fronda contro la Polverini. C’è quasi più «fuoco amico» che acqua, nel partito dell’amore. «Io sto con Berlusconi perché ha salvato quelli che vengono dalla mia storia politica», spiega l’ex socialista Robilotta. «Però», aggiunge, «tra le cose che dice Fini ce n’è una vera: in questo partito servirebbe un po’ di democrazia in più». Le correnti definite una «metastasi» dal Silvio nazionale si sono in realtà spartite il bottino sul territorio del Lazio. La nuova giunta regionale: Lollobrigida (Trasporti) in conto alla corrente di Giorgia Meloni; Di Paolo (Attività produttive e rifiuti) fa sorridere l’area di Alemanno; Gangemi (Enti Locali) è vicino Pallone, via Tajani; Mattei (Ambiente) è del giro Pallone, però via Cicchitto. E gli altri? Sono lì, pronti a chiedere l’annullamento delle elezioni. «E’ cambiata la politica. Con l’arrivo della Polverini, tutti noi dobbiamo abituarci a nuovi scherni», sospira l’ex dicci Mario Baccini, oggi nel Pdl. E Francesco Storace: «Guardate che il casino vero è quello che c’è in Comune. Alemanno dovrà spiegarci molte cose, in futuro. Tra l’altro, ho visto che l’ha fatto bene, il mediatore tra Berlusconi e Fini. Nello stesso giorno s’è messo a raccogliere le firme contro Gianfranco. Roba da matti ..». La vittoria elettorale c’è stata. Ma di amore, nel Pdl e dintorni, manco l’ombra.
L’«io», e cioè lui, si chiama Fabio Desideri. Non è un esponente incavolato del Pd né tantomeno un radicale che non s’è rassegnato alla sconfitta della Bonino. Anzi. E un mister preferenze del Pdl, già sindaco di Marino e consigliere regionale uscente. Uno di quelli che «sarei stato eletto di sicuro», se non fosse stato per la lista venuta a mancare all’improvviso. Uno di quelli che s’è stato zitto e ha portato acqua al mulino della lista civica della Polverini sperando in un posto al sole della giunta. Poi, però... «Ma io lo sapevo che ci avrebbero fregati. Infatti avevo presentato un mio ricorso. Dal coordinatore Sammarco ai vertici del partito del Lazio, Piso e Pallone: quelli che hanno combinato il casino, invece di essere cacciati dal partito a calci, hanno piazzato i loro uomini in giunta regionale, lasciando a casa gente che rappresenta almeno 200mila voti totali. Ora col mio avvocato allego ai motivi aggiuntivi del ricorso anche il video che testimonia che Milioni e compagnia stavano dentro il Tribunale già alle 11,33 del mattino. E vediamo come va a finire». Tra l’altro, aggiunge Desideri, «chissà perché quel documento non è stato mai acquisito. Ci dev’essere sotto qualcosa».
Sotto non si sa che cosa c’è. Sopra, però, c’è il Pdl uscito vincitore dalle regionali del Lazio che, a poche ore dalla nascita della giunta Polverini, è già spaccato in mille pezzi. Bastava vederli martedì, i maggiorenti del partito riuniti al coordinamento romano. E’ stato sufficiente che il segretario Sammarco aprisse i lavori dedicando un passaggio dell’intervento a un gruppo di consiglieri comunali dissidenti («Mi dispiace ma non siete membri del coordinamento e non potete intervenire») perché dalle retrovie partisse l’evergreen: «Noi cene andiamo ma prima tu vattene affan...».
C’era pure Alfredo Milioni, il sicario amico della lista pidiellina della provincia di Roma, a dispensare pizzini e avvisi ai naviganti con destinatario sconosciuto: «Io sono come il Primo Greganti del Pdl». Come a dire, "forse sto zitto come quello del Pds sul conto Gabbietta, ma se parlo...".
Nella succursale laziale del partito dell’amore, i rivoli dell’odio scorrono come mille affluenti in un unico fiume. Che collega il comune di «Gianni» alla regione di «Renata». Alemanno (che tra l’altro ce l’ha con la seconda per l’esclusione dell’Udc dalla giunta) non riesce a governare l’Aula Giulio Cesare perché un gruppo di sette frondisti della maggioranza (Angelini, Aiuti, Aurigemma, Fioretti, Quarzo, Todini e Vannini) fa sì che le riunioni del consiglio comunale finiscano, da un po’ di tempo a questa parte, con l’immancabile «manca il numero legale». Risultato? Niente, immobilismo.
Polverini, invece, si trova alle prese con chi, come Desideri e il suo groppone di mister preferenza traditi, s’è ritrovato in un sol colpo fuori dalla consiglio e fuori dalla giunta. La lista è lunga come l’appello di una seconda media: Celori, De Lillo, Gralnazio Palombi, Sartori, Robilotta, molti deiquali sono consiglieri regionali uscenti. Per non parlare dei centristi dell’Udc, che hanno sbattuto la porta sdegnosamente perché - ha riferito il speaker casiniano Ciocchetti - «il neo governatore non ha rispettato i patti».
Una fronda contro Alemanno. Una fronda contro la Polverini. C’è quasi più «fuoco amico» che acqua, nel partito dell’amore. «Io sto con Berlusconi perché ha salvato quelli che vengono dalla mia storia politica», spiega l’ex socialista Robilotta. «Però», aggiunge, «tra le cose che dice Fini ce n’è una vera: in questo partito servirebbe un po’ di democrazia in più». Le correnti definite una «metastasi» dal Silvio nazionale si sono in realtà spartite il bottino sul territorio del Lazio. La nuova giunta regionale: Lollobrigida (Trasporti) in conto alla corrente di Giorgia Meloni; Di Paolo (Attività produttive e rifiuti) fa sorridere l’area di Alemanno; Gangemi (Enti Locali) è vicino Pallone, via Tajani; Mattei (Ambiente) è del giro Pallone, però via Cicchitto. E gli altri? Sono lì, pronti a chiedere l’annullamento delle elezioni. «E’ cambiata la politica. Con l’arrivo della Polverini, tutti noi dobbiamo abituarci a nuovi scherni», sospira l’ex dicci Mario Baccini, oggi nel Pdl. E Francesco Storace: «Guardate che il casino vero è quello che c’è in Comune. Alemanno dovrà spiegarci molte cose, in futuro. Tra l’altro, ho visto che l’ha fatto bene, il mediatore tra Berlusconi e Fini. Nello stesso giorno s’è messo a raccogliere le firme contro Gianfranco. Roba da matti ..». La vittoria elettorale c’è stata. Ma di amore, nel Pdl e dintorni, manco l’ombra.
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