
Quale sarà il futuro degli attuali partiti? L'editoriale di ieri del Corriere della Sera, firmato da Ernesto Galli Della Loggia, con questa semplice domanda, ha sollevato un tema cruciale e ha posto uno specchio davanti allo sguardo attonito della partitocrazia italiana. Ma è una domanda a cui bisogna provare a dare delle risposte. Si tratta, infatti, di un tema fondante della democrazia e, non a caso, già da tempo, presente sulle pagine del quotidiano l'Opinione. La risposta che l'articolo di fondo di Galli Della Loggia lascia emergere sembra voler provocare un dibattito più che offrire un sogno, una visione, un orizzonte. Del resto, è un compito che spetterebbe ai partiti politici, non agli osservatori. Ben venga, dunque, la provocazione dell'editoriale di ieri sul Corsera, così da poter dare una scossa alla politica, nel senso nobile del termine, prima che la partitocrazia finisca con il fagocitarla nel marasma del nulla. Ma non sono d'accordo con quanto scrive Galli Della Loggia. Perché l'orizzonte che si cerca di individuare lungo il discorso, arretra nello spazio angusto dei confini nazionali, invece che aprirsi al cuore del lettore. La discussione è assai interessante. Anche perché i nazionalismi sono il principale pericolo ideologico rispetto a qualsiasi Patria. Soprattutto rispetto all'Italia. E il Novecento ce lo ha abbondantemente insegnato: con due guerre mondiali, con i fanatismi, le autarchie e quanto di peggio il secolo scorso ha prodotto all'interno della Storia. Ma i partiti cosa fanno? Gestiscono il Potere fine a se stesso. Sono immobili, statici, fermi. Non c'è dibattito, non c'è discussione, non c'è democrazia. È per questa ragione che l'idea di "intellettuale collettivo", che ho proposto dentro e fuori i Radicali, parte proprio dalla necessità di trovare un altro modo di pensare e di intendere la politica. Innovare, cambiare, lasciare che le idee possano viaggiare, incontrarsi, correggersi, diffondersi ed essere conosciute. È quello che i partiti del futuro dovrebbero fare. La Politica, perciò, non intesa come Potere fine a se stesso, non intesa come sopraffazione o sopruso o ingiustizia o slealtà, ma la Politica come "arte del nuovo". Dove il vocabolo "arte" sta a significare soprattutto "memoria", che per gli antichi Greci è la madre delle nove Muse e, perciò, madre di tutte le arti. Quindi, la prima urgenza che i partiti potrebbero affrontare è quella di stravolgere le vecchie forme organizzative: troppo gerarchiche, troppo verticistiche, troppo burocratiche. La partitocrazia ha sconfitto i partiti. La politica ha, perciò, la responsabilità di offrire nuove prospettive e immaginare il futuro, intuire e costruire il "nuovo" possibile. Ma bisogna che si cambi mentalità e, per farlo, è necessario cambiare metodi, usi, costumi. La partitocrazia va sconfitta e ci vuole fantasia. La mia proposta, anche al gruppo degli "Amici dell'Opinione", è quella di un modello diverso, di una forma-partito pluricentrica. Mi riferisco al partito come "intellettuale collettivo", ma non nel vecchio senso gramsciano, quanto in senso innovativo, liberale, riformatore. Perché l'intellettuale collettivo si basa sulla discussione e sulla reciprocità, sul rispetto delle regole e delle persone. Ma con una struttura pluricentrica, cioè composta da più "laboratori" politici, da più soggetti di ricerca. La complessità che ci circonda, infatti, richiede di moltiplicare i punti di vista sui problemi da affrontare mettendo in relazione soggetti diversi, esperienze varie, apporti molteplici. Anche per questa ragione, l'intellettuale collettivo non ha una struttura gerarchia e verticistica, cioè sviluppata in verticale quanto, piuttosto, in orizzontale: ciascuno offre il proprio apporto rispetto alle qualità, al talento, alle capacità, alle idee e alle competenze che ha. È il metodo che può essere rivoluzionario. Ciascuno, nell'intellettuale collettivo, può accrescere se stesso in relazione con gli altri, grazie agli altri, riconoscendo il valore altrui. Nell'intellettuale collettivo, come io lo intendo, cioè in senso liberal-democratico, non ci sono centri di Potere o accentratori del Potere. Perché esistono, invece, delle "funzioni", che ciascuno svolge in un determinato momento o in un determinato luogo o associazione o movimento. E sono delle funzioni diverse. La gerarchia cambia, casomai, a seconda degli elementi che entrano a far parte del gioco democratico e del metodo liberale. È il principio che sta alla base della "intelligenza collettiva" che si sta diffondendo anche su internet, attraverso il web, nei social-network. I partiti del futuro saranno quelli che sapranno offrire la novità di una politica alta, nobile, rappresentativa. Che sapranno essere una intelligenza collettiva.
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