
Giorno di ballottaggi, giorno di bilanci. E il primo che si può fare – anche prima dei risultati – è che i partiti hanno perso il filo logico. Hanno proprio smarrito l'orientamento, il senso di marcia.
Di certo l'ha perso il Pdl che non sa ancora come ricomporre sé stesso o il centrodestra e si dibatte tra il progetto moderato e nuove unioni con la Lega.
Il Carroccio, poi, travolto dagli scandali giudiziari e senza più il capo carismatico tenta affannosamente di non smarrirsi del tutto, ma non basteranno solo le "scope" di Roberto Maroni per salvarsi. E in mezzo al guado sta pure Pier Ferdinando Casini che con Fli e Api e il mitico terzo polo ha sempre cincischiato senza mai scommetterci o rinunciarci.
Per non parlare del partito della nazione, progetto di cui gli elettori hanno capito poco o nulla.
Sta meglio il Pd che tiene, ma a fatica. Soffrono i Democratici per il rapporto sempre ambiguo con l'Idv: ne sarà la prova la probabile vittoria di Leoluca Orlando a Palermo, candidato "a dispetto" del Pd e delle sue primarie.
Senza contare il fenomeno Beppe Grillo, che è una spina nel fianco della sinistra, un condizionamento soprattutto per l'Idv e Sel, ergo, per il Pd. Insomma, anche da queste parti, il filo logico rischia di perdersi.
Tra l'altro, se oggi ci sarà l'affermazione del candidato grillino a sindaco di Parma sarà lo shock definitivo. Nel giro di poco un movimento che vive prevalentemente sulla rete e prende voti solo dall'impasse dei partiti potrebbe conquistare la sua prima grande città del Nord e cominciare ad allungare il passo verso le politiche del prossimo anno.
Il fenomeno Grillo peraltro non è tipicamente italiano, visto che sia la Francia, sia la Germania, sia l'Olanda o la Grecia hanno visto – in forme e con contenuti programmatici molto diversi – l'exploit di forze anti-sistema.
Anti-euro, anti-partiti, anti-capitalismo, anti-banche: insomma, movimenti tipici dei periodi di crisi economica accompagnata a disuguaglianze.
Ed è il caso pure dell'Italia, che già al primo turno delle amministrative è stata collocata – da Massimo D'Alema, per esempio – a metà tra la Grecia e la Francia prima del ballottaggio.
Un Paese, quindi, dove la frantumazione del consenso, lo sbriciolamento dei partiti tradizionali potrebbe portare a ciò che è accaduto in Francia al primo turno, con i socialisti e i conservatori incalzati dal 18% di Marine Le Pen.
Il problema, però, è che l'Italia non ha il sistema elettorale francese, che al secondo turno ricompatta il consenso e dà governabilità a chi vince.
Peggio è lo scenario greco dove la frantumazione è stata tale da non consentire la formazione di un Governo e da costringere – nel giro di un mese – a nuove elezioni.
I partiti italiani sono in questo bivio tra Atene e Parigi: senza bussola, senza un'idea di come ricominciare a fare politica.
E così faticano a cambiare le regole elettorali.
Il punto di partenza resta questo e, oggi, forse ci sarà uno spauracchio in più se Grillo conquisterà Parma.
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