
Clamoroso appello nella relazione annuale della Dna: cannabis troppo diffusa, inutile reprimere
Non lo dice Marco Pannella. Non è una campagna dei radicali. Signori, è il procuratore nazionale antimafia, che parla. O meglio, l'organismo da lui presieduto, la Dna: depenalizzate. Rendete lecito l'uso e la diffusione delle droghe leggere. Non perdete tempo. Perché di tempo, a dare la caccia agli spinelli, ne stiamo perdendo pure troppo.
Lo dice con una chiarezza micidiale la relazione annuale 2014 della Direzione nazionale Antimafia. Ci sono sei cartelle interamente dedicate alla questione degli stupefacenti - e riportate integralmente in questa pagina. C'è un'analisi impietosa del fenomeno, con dati che fanno impressione: in Italia l'anno scorso sono state immessi sul mercato 3 milioni di kg di cannabis, tra hashish, marijuana e piantine. Tradotto in dosi, fanno 200 per ciascun italiano. Duecento spinelli a testa, vecchi e bambini compresi. Parliamo dunque di qualcosa come 10 miliardi di dosi, o canne, commercializzate ogni anno nel nostro Paese. E questo, si legge nella relazione dell'antimafia, nonostante siano impiegate "enormi risorse umane e materiali" per contrastare il fenomeno. Ma è come voler svuotare il mare con un secchiello da spiaggia. "Con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile, non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte antidroga inteso in senso globale, comprensivo di tutte le droghe", ma neppure "tantomeno, è pensabile spostare risorse all'interno del medesimo fronte, vale a dire dal contrasto al traffico delle (letali) droghe 'pesanti' al contrasto al traffico di droghe 'leggere'. In tutta evidenza sarebbe un grottesco controsenso".
Ecco: sarebbe un grottesco controsenso. Si darebbe la caccia agli spinelli, anziché perfezionare per esempio l'azione nei confronti di produttori e spacciatori di droghe sintetiche, campo nel quale "la tecnica d'indagine" non è ancora sufficientemente "matura". Tenete poi conto, ci dice ancora la Direzione antimafia guidata da Franco Roberti, di altre due questioni. Da una parte "le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell'ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali" e, soprattutto, "di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite" (e qui nulla si aggiunge quanto a introiti che lo Stato potrebbe ricavare con la vendita legale). Dall'altra parte, l'antimafia ricorda opportunamente la "minore deterrenza delle norme penali riguardanti le cosiddette droghe leggere, sancita dalla recente sentenza numero 32/2014 della Corte costituzionale, che sostanzialmente non consentono l'arresto in flagranza".
Quest'ultimo particolare aspetto fa prevedere, sempre nella relazione, una diffusione sempre in maggiore crescita delle droghe leggere. E d'altra parte se la Dna è arrivata a chiedere apertamente la depenalizzazione della cannabis (del suo uso privato e, evidentemente, anche della sua commercializzazione) è proprio perché i dati del 2014 sopra ricordati corrispondono addirittura al 120% di quelli del 2013. Cioè, nel nostro Paese, in un anno appena, la quantità di hashish e marijuana che c'è in giro è assai più che raddoppiata. Si tratto ormai di "un fenomeno oramai endemico, capillare e sviluppato ovunque, non dissimile, quanto a radicamento e diffusione sociale, a quello del consumo di tabacco ed alcool".
La conclusione del documento difficilmente avrebbe potuto essere più chiara: "Spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo, almeno, europeo, in quanto parliamo di un mercato oramai unitario anche nel settore degli stupefacenti) sia opportuna una depenalizzazione della materia". Ma a questo punto, come si fa ad avere ancora dubbi?
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