
Un’azione a tenaglia: dal Nord al Sud. I due nuovi governatori leghisti di Piemonte e Veneto, Roberto Cota («Faremo marcire il prodotto nei depositi») e Luca Zaia («Mai negli ospedali veneti»), come primo atto del loro mandato, hanno annunciato l’intenzione di ostacolare in ogni modo la introduzione della pillola Ru 486 nelle loro regioni; dalla Campania anche Stefano Caldoro, Pdl, neo presidente fa sapere di volersi adeguare. Immediato è arrivato l’applauso del Vaticano. Prima il Pontefice, ieri mattina, nell’omelia pronunciata nella Messa Crismale, era stato molto esplicito: «I veri Cristiani rifiutano di fare ciò che, negli ordinamenti giuridici in vigore non è un diritto, ma una ingiustizia, per esempio quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati».
E, subito è partito l’appluaso dito monsignor Fisichella, presidente della Pontificia Accademia, per l«atto
concreto». Un quadro sufficiente a far dire a Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl: «L’esito delle elezioni regionali segna anche la sconfitta del "partito della morte". La pillola Ru 486 non circolerà facilmente, e questa è una buona notizia. A questo punto appare fastidiosa la insistenza con cui il direttore dell’Agenzia del farmaco insiste: sembra più un piazzista che un tecnico. Forse è una persona inadeguata». L’opposizione parla apertamente di "manovra a tenaglia" da parte del centrodestra e dei vertici Vaticani. «Ma Cota e Zaia lo sanno che sono semplici governatori e non imperatori?»: ha attaccato Pierluigi Bersani. «A quando la reintroduzione della Santa Inquisizione?»: ha ironizzato Angelo Bonelli dei Verdi. Ma da sinistra arriva anche una risposta giuridica al centrodestra: le affermazioni dei due neogovernatori sono annunci; non potranno tradursi in fatti concreti. «Esiste una legge, la 194, che non è in discussione, quella che regola l’aborto. Esiste un istituto che ha sperimentato quel farmaco e ne ha autorizzato l’uso con restrizioni molto più ampie di altri paesi. Le Regioni possono solo stabilire i modi ed i tempi della somministrazione, non potranno mai impedire ad un medico di prescriverla e ad una donna di richiederla. Sarebbe un abuso» spiega l’ex ministro Livia Turco, Pd. Persino Antonio Baldassarre, presidente emerito della Consulta, e vicino al centrodestra, scherza: «Cota e Zaia hanno, forse, voluto fare una battuta: come possono pensare di impedire l’acquisto di un farmaco autorizzato?».
Da ieri, ufficialmente, la pillola Ru 486 è in commercio. Solo teoricamente, però; nelle prime ventiquattro ore, infatti, la ditta produttrice (Nordic Pharma) ha ricevuto appena due ordinazioni: uno dagli ospedali di Pisa, l’altro da Bari. Dalla Lombardia solo generiche richieste di informazioni, anche se, in quella regione, è stato già predisposto tutto per la ospedalizzazione delle future degenti. La lentezza è dovuta, probabilmente, al fatto che molte Regioni non hanno ancora deciso come comportarsi: a loro è offerta l’alternativa tra il ricovero ordinario di almeno tre giorni, o la somministrazione in day hospital. Fino a ieri solo Lombardia, Toscana e Veneto hanno deciso per la prima opzione; Emilia Romagna, Piemonte e la Provincia autonoma di Trento hanno optato per la seconda possibilità. Molte regioni si sono poi rivolte al Governo per avere indicazioni, ma, da Roma, non potrà che arrivare un "no comment": la scelta, in base alla legge, spetta solo agli enti locali.
«La sola possibilità che hanno i governatori leghisti - ha spiegato Sandro Viale, esponente radicale ed uno dei medici sperimentatori della pillola - è usare l’arma della dissuasione, magari scegliendo, per i singoli ospedali, direttori generali che siano contrari all’aborto e che possano creare problemi di tipo amministrativo».
Ed è proprio questa la strada che Zaia e Cota sembrano intenzionati ad intraprendere. «Farò di tutto per contrastare l’introduzione del farmaco. Ma, ovviamente, rispetterò la legge - ha spiegato il secondo - per questo ho impartito disposizioni ai direttori generali di bloccarne l’impiego, fino alla mia investitura. Intendo emanare linee guidamolto ferree». «Non posso non considerare l’appello del Papa: studierò il modo per far valere il mio punto di vista. Contrario a questo strumento»: concorda Zaia. Questa nuova crociata tuttavia spaventa anche i vertici del centrodestra. Renata Polverini, nel Lazio, non seguirà i colleghi del Nord («Sono contraria all’aborto, ma rispetto fino alla fine le leggi»). E Fabrizio Cicchitto è molto preoccupato per l’apertura di un fronte di cui non sentiva affatto la necessità: «Il senso di responsabilità richiede soluzioni che non spacchino la nostra società. Sulla pillola è stato trovato un buon compromesso».
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