
30/08/10
Il Messaggero
Nell'ambito del revival di attenzione e delle rivisitazioni pubblicistiche della figura di Mario Pannunzio, l'indimenticabile fondatore del Mondo, nell'occasione dei cento anni dalla nascita, si distingue un libro attento e documentato, a cura di Pier Franco Quaglieni. Direttore generale del Centro Pannunzio.
Il titolo è MarioPannunzio. Da Longanesi al Mondo (Rubbettino, 154 pagine, 14 euro), un libro che si propone di far conoscere alcuni aspetti della figura di Mario Pannunzio finora abbastanza trascurati, in quanto gli autori che hanno indagato tale figura (a differenza, forse, della recente bella biografia di Massimo Teodori) si sono concentrati soprattutto su il Mondo, il settimanale da lui fondato nel 1949, e diretto ininterrottamente fino al '66. Del resto a Pannunzio è capitato quello che capitò ad altri grandi esponenti del mondo laico come, ad esempio, Ugo La Malfa: trascurato in vita come figura minoritaria agli occhi dei più, egli è stato esaltato in morte «persino da coloro che erano preoccupati di non far conoscere al Paese la sua grandezza», come scrive Quaglieni nell'introduzione al libro.
Per cui l'«icona laica» basata sul Mondo è stata resa possibile anche attraverso la sottovalutazione di una parte importante della vita di Pannunzio: il magistero di Leo Longanesi, la stretta amicizia con Arrigo Benedetti, il rapporto maestro-allievo con Benedetto Croce, il fondamentale saggio pannunziano su Tocqueville, l'esperienza del quotidiano Risorgimento liberale. che diresse dal '44 al '47 e il "Pannunzio politico", prima animatore del Partito liberale e poi del Partito radicale.
Rispetto ad altre opere che hanno presentato l'intellettuale toscano come una specie di "oracolo", il gruppo di autori messo all'opera da Quaglieni offre un'immagine più realista e completa, priva di ogni strumentalizzazione politica, di Mario Pannunzio. «In qualche misura abbiamo cercato di creare un "antidoto" ad una mistificazione storico politica che andava corretta», scrive sempre Quaglieni. E così, ad esempio, il Pannunzio celebrato fino a qualche anno fa soprattutto per il suo impegno contro il fascismo, emerge in questo libro come fiero oppositore di ogni totalitarismo, con la sottolineatura del suo impegno liberale, anticomunista, atlantico e filoamericano, come già a suo tempo il compianto Paolo Ungari aveva evidenziato. Così come emerge la sua caratteristica di «maestro dell'anticonformismo», come dice il titolo di un breve saggio di Pierluigi Battista, inserito nel libro.
È Mario Soldati, Presidente del Centro Pannunzio, in un breve ritratto conclusivo, a restituirci sia una evidenziazione plastica del filo che legava Pannunzio a Longanesi, grazie alla comune esperienza della rivista On7nibus, sia del Pannunzio politico, che, insieme allo stesso Soldati (più tentato dal socialismo), ad Arrigo Benedetti e a Leo Longanesi scrive l'editoriale del Messaggero in una giornata cruciale quale il 26 luglio del '43: «Nei momenti difficili della caduta del regime dovevamo stringerci in uno slancio patriottico, al di là delle differenze politiche», chiosa Mario Soldati.
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