
08/02/11
Europa
Secondo noi i radicali non entreranno nel governo, né nella maggioranza. L’ipotesi che Marco Pannella diventi ministro di giustizia è suggestiva ma irrealistica. E però i giornali ci inzuppano il pane, alla ricerca di qualche pezza d’appoggio che giustifichi l’idea di una fantomatica ripartenza dell’esecutivo sulla base di un rilancio programmatico (il cosiddetto piano per la crescita, che sembra una cosa un po’ maoista e un po’ sovietica) e di un rimpasto il cui unico punto di forza sinora accertato riguarda lo storaciano Musumeci: un carniere scarsino. Ma che ci fanno dunque i radicali in siffatta tragicommedia?
Semplice: i radicali fanno i radicali. Per meglio dire, Pannella fa Pannella: come sempre ha fatto in vita sua, gioca le sue fiches, chiede carte, bluffa, rilancia, vede, e fa tutto questo perché sa bene che dall’altra parte del tavolo verde siede un giocatore che non ha punti veri in mano. Ed è quando l’avversario è debole che Pannella scatta: piaccia o non piaccia, l’uomo è così.
Non saremmo sicuri che nella vicenda non giochi anche un elemento psicologico, quello del fratello maggiore (che Pannella o fratello o padre si considera, di tanta gente) che vede Silvio rintanarsi fra le braccia di un altro grande ciambellano-consigliere. Sta succedendo infatti come nel ‘94, quando Marco spingeva per mandare a Bruxelles la Bonino e Giuliano insisteva per Napolitano, e qualche giorno dopo la vittoria della leader radicale Pannella entrò nella stanza dell’allora ministro per i rapporti col parlamento facendogli il gesto dell’ombrello. Una rivalità strana, rimasta in questi anni sotto traccia, e può darsi che il ritrovato protagonismo del direttore del Foglio dia fastidio al guru radicale.
La Bonino, si diceva. Raccontata oggi come la vestale dell’intransigenza antidoto alla grande tentazione del Santone, novella "fuoriclasse" - secondo la celebre definizione di Bersani - dell’antiberlusconismo. La verità è che Emma non crede che Berlusconi possa concedere alcunché di significativo, e che pertanto andare a palazzo Chigi è tempo perso. Mentre Pannella spera di portare a casa qualcosa sulle carceri o sulla responsabilità civile dei magistrati: e in caso positivo i nove parlamentari radicali non potrebbero che votare a favore. Anche se questo non restituirebbe però ad un esecutivo sfinito la linfa che non ha.
C’è dunque fra i due capi radicali una differente valutazione politica non sulla "moralità" del discutere col Caimano ma sulla sua efficacia. A occhio e croce, punteremmo sulla Bonino: ma la questione è questa, il resto sono chiacchiere, o moralismi.
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