
31/10/10
Terra
Legalità, onestà e antiproibizionismo. Sono le tre parole d’ordine del nono congresso radicale in corso a Chianciano, che si concluderà domani. In confronto alla rivolta ghandiana sociale, politica, morale dell’anno scorso, e alla gigantografia di Pannella e Sciascia in un elegante bianco e nero, sembra quasi che l’austerità del digiuno del leader radicale abbia colpito anche la capacita di suggestione della sua comunità. Ma è un’impressione che superi subito. Basta entrare nell’atrio che brulica di banchetti, frequentare una delle 5 commissioni che lavorano fino a notte inoltrata sulla democrazia, i diritti, le riforme economiche e sociali, i veleni industriali e la tutela del territorio, o sull’antiproibizionismo. Dibattiti dove si mischiano le tesi di sempre, i mattacchioni di sempre, ma anche gli elementi di novità politica e culturale.
Le testimonianze di valore ai congressi radicali non mancano mai. Commuove tutti la imprenditrice resistente strozzata tra pagamenti che non arrivano e giustizia che riesce solo a garantirle il fallimento. Commuove anche il giornalista tv Tiberio Timperi che porta la sua esperienza di padre separato al quale la giustizia asimmetrica italiana non permette di avere un rapporto assiduo con il figlio. Meno commovente Antonio Misiani, tesoriere Pd, che si lamenta della disastrosa crisi economica italiana e invoca «idee nuove». Per poi ripetere, però il solito mantra fatto di lavoro e merito e minuzie microeconomiche. Nessuna traccia di green economy, cambiamenti climatici o alcunché di innovativo.
Poi ieri è intervenuto lui. Marco Pannella, da gigante imponente e diventato giunco curvo dopo quasi un mese di sciopero della fame e quattro giorni di astinenza da liquidi. Capelli lunghi, cardigan verde e cravatta. Si aggira sulle lunghe gambe magre, rese instabili dal digiuno, ma più che la cravatta ieri gli si addiceva l’abito arancione dei monaci buddisti. Nel suo lungo intervento, limitato solo dalla scarsissima salivazione, per il quale non basta neanche il sigaro, il leader radicale tocca i temi a lui cari. A partire da quello internazionale, della guerra sciagurata in Iraq. Guerra che Pannella tentò di evitare in ogni modo e che invece fu scatenata criminalmente causando centinaia di migliaia di vittime civili. Che sembrano pesare tutte sulla coscienza del vecchio Marco, cittadino del mondo.
Un passaggio è dedicato a Obama, il presidente della speranza che «ha deluso». Nostante tutto Pannella continua a osannare il sistema americano, l’unico per lui in grado di garantire la democrazia. Neanche per un attimo, e nessuno in platea glielo farà notare, si ipotizza che quel sistema non funzioni affatto. E che Obama forse ne è la dimostrazione più plateale: eletto dal popolo con un plebiscito per cambiare tutto, oggi è bloccato dalle pastoie di un parlamento eletto dalle lobby. Lo dice Obama stesso nei suoi appelli su Internet. Nulla di ciò incrina la fede incrollabile di Marco il vecchio nel sistema anglosassone.
Il tema caldo, rispetto al quale si articola il dibattito interno, quasi interamente sotterraneo, riguarda il rapporto con il Partito democratico. La voce più critica è quella di Cappato, che non a caso vive la trincea quotidiana della truffa lombarda. Quella che ha visto la vittoria abusiva di Formigoni e la connivenza del Pd di Penati. Il fronte filo-piddino ha il suo campione da sempre in Emma Bonino, che anche l’anno scorso non si era mai emozionata alla prospettiva di una forza ecologista, socialista e radicale. Sul punto però ci pensa il capo a sciogliere subito il nodo. Ha gioco facile nel rivendicare la attenzione che il Pd di Bersani riserva ora ai radicali. Dopo la presidente Bindi oggi e intervenuto anche il tesoriere. Pannella dice: «Non voglio staccarmi dal Pd». La partita, come sempre, la chiude il vecchio padre, a modo suo.
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