
La Corte costituzionale rigetta i ricorsi sui matrimoni gay passando esplicitamente la mano al Parlamento per la regolamentazione della controversa materia. Ma qui è il punto: la travagliata vita che hanno avuto, nella scorsa legislatura, tutti i tentativi di mandare in porto una legge che regolasse, sia pure a un livello assai inferiore al matrimonio, il desiderio di due persone dello stesso sesso di regolarizzare la loro convivenza, non fa presagire grandi sviluppi della questione.
Non che nei due anni di governo del centrosinistra siano mancate le iniziative parlamentari in tema di unioni civili, ma le divisioni e le resistenze, anche all’interno della stessa maggioranza, hanno fatto arenare i vari progetti ben prima delle soglie dell’Aula. Poi, la fine anticipata della legislatura ha messo una croce definitiva sull’argomento, La stessa varietà nella denominazione della normativa che si voleva introdurre sottende le difficoltà che ne hanno costellato l’iter. Si era cominciato con i "Pacs" (patti civili di convivenza), poi si è scelto di chiamarli "Dico" (diritti e doveri di convivenza), soppiantati presto dai "Cus" (contratti di unione solidale) e, infine, l’ultimo tentativo prese il fantasioso nome di "Didorè" (diritti e doveri di reciprocità dei conviventi) accento finale compreso per dare un tono musicale a quanto sarebbe poi stata un’incompiuta.
Naturalmente, sulla materia, nella scorsa legislatura, ha pesato, e con i nuovi rapporti di forza in Parlamento peserà ancora di più, l’assoluta opposizione della Chiesa non solo al matrimonio omosessuale, ma anche a qualsiasi tipo di riconoscimento giuridico delle coppie dello stesso sesso. Di qui la pioggia di dichiarazioni di esponenti della maggioranza che nella decisione della Consulta leggono la liquidazione pressoché definitiva di «pretese ingiustificate» delle coppie gay. Solo qualche voce in controtendenza si fa sentire nel Pdl, come l’ex radicale Benedetto Della Vedova che invita la maggioranza, «anziché compiacersi per lo "scampato pericolo", a iniziare a lavorare seriamente sul testo Rotondi-Brunetta, che senza scomodare impropriamente l’istituto del matrimonio e senza prevedere benefici troppo generosi sul fronte della spesa pubblica, inizia a definire un quadro concreto dì diritti e garanzie per i partner di coppie gav». Sul fronte dell’opposizione, invitano a dar seguito alla «responsabilizzazione del Parlamento» derivante dalla decisione della Consulta, anche l’ex ministro delle Pari opportunità, Barbara Pollastrini e la democrat Paola Concia che, in attesa di convolare a nozze a Berlino con la sua partner tedesca, ricorda come alle Camere siano già cinque - tra cui tre sue - le proposte di regolamentazione delle unioni omosessuali. Altri disegni di legge sono pronti al Senato, come quello presentato, tra gli altri, dai radicali Donatela Poretti e Marco Perduca.
Il problema è se quando e mai usciranno dai cassetti delle Commissioni in cui dormono per iniziare un iter che si preannuncerebbe comunque tutt’altro che spedito.
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