
01/12/10
La stampa
Capita pure questo nel bel mezzo di una raffica di votazioni sugli emendamenti per la riforma dell’Università, e cioè che la Camera bocci di larga misura (305 no, 190 sì e 20 astenuti) una proposta del rutelliano Tabacci per finanziare contratti di ricercatore a tempo indeterminato ricorrendo ai fondi per il finanziamento pubblico ai partiti. E anche se erano solo 20 milioni sui 100 di rimborsi elettorali che i partiti prendono ogni anno, apriti cielo, alle 2 del pomeriggio scatta subito la caccia ai «difensori della casta» e sui blog cominciano a impazzare le proteste e gli insulti. Con il Pd che finisce sul banco degli imputati: anche se Franceschini si affretta a precisare che l’emendamento non sarebbe passato, visto che «anche l’Udc ha votato contro», poteva diversamente essere una partita da giocare sul filo di lana.
Fatto sta che al momento clou prende la parola in aula l’ex tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, conosciuto per il suo carattere sanguigno, che ingaggia una disputa con Tabacci e invita i deputati Democrats a votare contro, malgrado il suo gruppo abbia indicato pollice in alto insieme ai dipietristi e ai finiani.
E la cosa sorprendente è che a non seguire le indicazioni del capogruppo, in buona compagnia con una sessantina di colleghi (il 30% circa di quelli presenti in aula), sono i massimi esponenti del Partito democratico. A cominciare dal segretario Bersani che sceglie di non votare, così come Fioroni, che poi se la cava con una battuta: «Mi è venuto un crampo alla mano». Sposetti, neanche a dirlo, gongola e dopo aver combattuto in aula con il collega dell’Api, che lo prega di non evocare la Prima Repubblica e la figura del tesoriere della Dc Citaristi, esce e distribuisce le pagelle: «Siete tutti schedati ora in vista delle candidature», scherza rivolto ai suoi, «mi sono fatto dare i tabulati. E comunque se fosse passata questa cosa, la campagna elettorale se la faceva Berlusconi da solo...». E se Sposetti fa intendere che l’Api si lancia in «proposte demagogiche» perché non è un partito strutturato e chissà come si presenterà alle urne, in Transatlantico tutti spulciano i tabulati. E si scopre che se il leader ha preferito non pronunciarsi in alcun modo, D’Alema, Fassino, Migliavacca, Orlando, Soro, Ventura, la Madia e altri optano per l’astensione.
Molti Democrats scelgono la linea dura e votano contro insieme a Udc, Pdl e Lega: Sposetti, Cuperlo, D’Antoni, Turco, Lolli, Oliverio, Quartiani, Albonetti e un’altra fetta del gruppo. E la maggioranza dei democratici invece si pronuncia a favore, da Franceschini a Gentiloni da Realacci a Veltroni, seguito a ruota dai suoi, Verini, Minniti e la Melandri; dai prodiani Parisi, Zampa, Santagata e Barbi, a tutti i Radicali compatti; da Colombo a Castagnetti e poi Damiano, Concia e tanti altri. E dunque scoppia un caso, con i dissidenti di Movdem che lanciano battute acide, del tipo «l’unico partito sopravvissuto alla Prima Repubblica è il Pci...». «Lasciamo perdere - taglia corto Sposetti - era un emendamento strumentale in una battaglia che qualcuno vuole combattere trovando risorse dai rimborsi elettorali dei partiti».
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