
02/09/10
Europa
Il fatto: una famiglia pescarese, in coda con amici e parenti in attesa di salire sulla monorotaia panoramica nel parco di Gardaland, si sente dire che la figlioletta, essendo down «non può avere accesso a questo gioco, e che pertanto deve uscire dalla fila». Com'è possibile, si chiedono i genitori: erano già stati sullo stesso trenino un paio d'ore prima, e nessuno aveva mosso la benché minima obiezione. Cos'è accaduto in così breve tempo che quello che prima era permesso, diventa improvvisamente vietato? I due genitori, due magistrati, vogliono venire a capo della storia, e scoprono quello che si sarà già intuito: un "ordinario", banale caso di discriminazione senza fondamento: «La prima volta nessuno ci aveva contestato nulla, né c'erano cartelli che segnalassero limitazioni specifiche»; la seconda volta gli addetti invece fanno riferimento a una brochure, dove sarebbe illustrato chi può e chi invece non può accedere; non finisce qui, perché nella citata brochure, del divieto di accesso per bambini down non c'è traccia.
I genitori opportunamente hanno denunciato la discriminazione patita. Al di là del caso specifico, i malati down spesso vengono ritenuti disabili psichici. È il risultato di un pregiudizio duro a morire: fanno agonismo ad alto livello, sci, nuoto, lavorano in autonomia, si muovono per strada da soli. Eppure il pregiudizio permane. Esistono, anche se evidentemente poco conosciute, precise norme al riguardo: la legge quadro sull'handicap 104 del 1992, all'articolo 23, comma 5 stabilisce che chiunque nell'esercizio di una impresa turistica o di altri pubblici esercizi discrimina persone handicappate è punito con una sanzione amministrativa e con la chiusura dell'esercizio da uno a sei mesi; non solo: la legge 67 del 1 marzo 2006 ("Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni"), è inequivocabile. Stabilisce che «il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità»; che si ha discriminazione diretta quando «per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga»; che si ravvisa una discriminazione indiretta «quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone». Per tornare a quanto accaduto a Gardaland: la piccola cui è stato impedito di poter accedere alla monorotaia panoramica, è rimasta vittima di un pregiudizio che non ha alcun fondamento, scientifico ed etico.
Se la discriminazione è "giustificata" con un presunto ritardo mentale è bene chiarire che quello delle persone con sindrome di down è variabile, spesso sovrapponibile a quello di persone che non hanno alcuna evidenza fisica di questo ritardo; in ogni caso, di persone che non vengono fermate all'ingresso. Per cui accade, in concreto, che una persona con determinati tratti somatici ha accesso, l'altra invece è fermata. Se si accampa un presunto rischio cardiologico, anche questo è variabile, e molte persone down hanno fattori di rischio inesistenti o comunque minori di persone che non hanno alcuna evidenza fisico-somatica di questi rischi. Ancora: a parità di rischio cardiologico, una persona con determinati tratti somatici non è fermata, al contrario di un'altra. Se infine la ragione dell'esclusione è un presunto deficit motorio, la cosa è ancor più pretestuosa e il paragone con le persone in carrozzella è assolutamente infondato. Cosa concludere?
Che la esclusione delle persone con sdd a Gardaland si basa - in buona o meno buona fede che si sia - solo sulla base dei loro tratti somatici. Il che è non solo illegale da un punto di vista delle leggi, ma anche inaccettabile dal punto di vista dell'etica. Non è la prima volta che questi episodi accadono. Già nel settembre 2007 a un gruppo di giovani down accompagnati da operatori e genitori non fu consentito l'accesso all'ottovolante; e poi nel giugno scorso, sempre ai danni di un altro gruppo di giovani down. Per ognuno di questi episodi ho presentato interrogazioni parlamentari urgenti ai ministri delle pari opportunità, della salute e della gioventù, sollecitando iniziative e provvedimenti volti a superare questi assurdi divieti e queste inaccettabili discriminazioni. Ho già depositato un'ulteriore interrogazione urgente; mi auguro che finalmente si intervenga con sollecitudine, con adeguate campagne informative. Si tratta di discriminazioni e pregiudizi immotivate e che vanno combattute e superate.
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