
Sono rimasti appena in sette nel club europeo della tripla A. Un'élite che diventa sempre più esclusiva e dove a cadere sotto la scure delle agenzie di rating non sono solo i soliti noti Paesi di periferia ma i big di un tempo, come la Francia, declassata da S&P a febbraio, o la Gran Bretagna, sotto osservazione da Moody's e Fitch.
Nessuno è più al sicuro, perché la crisi dilaga e resistere agli choc per tenersi stretto il blasone diventa sempre più difficile. Così come, in tempi di recessione, tutta in salita appare la strada per attuare le ricette draconiane prescritte dalle agenzie di rating, che sempre più dettano l'agenda. Come uscire da questa impasse? Mettere "sotto osservazione" le agenzie di rating potrebbe essere un primo passo.
In ogni caso, la soluzione c'è ed è nelle mani dell'Europarlamento e dei Governi che devono approvare e rendere più coraggiosa la proposta di riforma della Commissione Ue per ridurre la dipendenza da rating, aprire il mercato a nuovi soggetti, imporre la comunicazione delle "pagelle" solo a mercati chiusi. Non solo. Per migliorare la trasparenza i classici parametri di impronta anglosassone non bastano più. Servirebbe un'analisi più flessibile per misurare la vera forza o debolezza di un Paese, come la ricchezza privata e i debiti delle imprese. E magari ripristinare al più presto la vecchia idea della Commissione di un'agenzia di rating europea.
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