
07/12/10
Il sole 24 ore
Il "Berlusconi-bis" non fa dormire sonni tranquilli al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Questa ipotesi, riaffermata ieri dal Pdl, è stata ancora una volta rigettata dal segretario democratico, che ha invece rilanciato il governo di «responsabilità nazionale» che affronti la crisi e riformi la legge elettorale.
Bersani, che entro un paio di giorni incontrerà Marco Pannella per fare il punto della situazione, ieri è tornato sull’idea che dopo il 14 dicembre, in caso di caduta del governo Berlusconi, si dia vita a un governo di transizione che affronti la crisi e modifichi la legge elettorale: quanto al nome del possibile premier, non si è però sbilanciato, per rispetto alle prerogative del presidente Napolitano: «Non parliamo di nomi. In caso di crisi cerchiamo di portare le nostre idee al Quirinale e poi aspettiamo le decisioni del presidente della Repubblica». Una posizione condivisa e rafforzata da Massimo D’Alema, secondo cui «Quando il governo se ne sarà andato, si formalizzerà la crisi e spetterà al Capo dello Stato decidere. I partiti faranno le loro proposte in maniera trasparente di fronte al paese».
Ma l’apertura fatta sulla legge elettorale da Fabrizio Cicchitto a Fli e Udc suscita nervosismo, a seguito anche delle esternazioni di Gianfranco Fini che, escludendo un «governo del ribaltone» è sembrato voler frenare. Bersani ha detto di «non credere» all’apertura di Cicchitto sulla riforma elettorale: si sa che su questo il Cavaliere non è disposto a fare un passo indietro, ha aggiunto. E i tam-tam sul possibilismo di Casini e Fini a un reincarico del Cavaliere hanno spinto Bersani ad esclamare: «Un Berlusconi bis? Sarebbe il quater, un po’ troppo, abbiamo già dato. Basta». Comunque sia il Pd non sta con le mani in mano aspettando le mosse di Fli e Udc. Si lavora per non far avere avere i numeri a Berlusconi il 14 dicembre. Di qui l’incontro, che ci dovrebbe essere nei prossimi giorni, con Marco Pannella e i Radicali italiani, i quali dispongono comunque di sei parlamentari alla Camera e tre al Senato, da tenere ben stretti.
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