
03/02/11
Il Foglio
I creazionisti sono, in fondo, simpatici. Non i fondamentalisti della "Bible Belt", i quali vogliono farci intendere di essere convinti che il mondo è stato creato in sette giorni e che Eva balza fiori, bell’e fatta come un bronzetto del Cellini, da una costola di Adamo, ma i creazionisti moderati - anche cattolici - con le loro imbarazzate contraddizioni. La loro maggior ossessione è stabilire se la creazione fu un fatto istantaneo e unico oppure prosegue ancora attraverso i millenni, ad ogni ora e giorno che passa, in un processo che coinvolgerebbe il Padreterno in ogni minima faccenduola, nostra come della natura. I primi trovano conforto nella teoria scientifica del "big bang", i secondi alla fine si rifugiano nella tesi che la creazione continua riguarda non la natura e gli eventi fisici - i quali, almeno dopo Galilei, obbediscono a ferree leggi scientifiche - ma la sfera della morale: grazie alla continua, provvidenziale sollecitudine di Dio gli uomini hanno la possibilità di controllare e dirigere le loro azioni indirizzandole verso il bene o il male. A questa certezza etica, dall’interno del mondo cristiano si oppone non - direi - la teoria, ma la convinzione della predestinazione, per la quale non è ipotizzabile un intervento di Dio sull’azione del singolo: stranamente, molti di questa seconda specie di cristiani continuano a invocare la mano di Dio sulle sorti dei popoli ("In God we trust", per dire).
Contro i creazionisti - del primo come del secondo tipo - vengono sollevate ben altre difficoltà, non facilmente aggirabili in quanto trovano fondamento e conferma in fatti precisi, che possono addirittura arrivare a suggerirci l’immagine di un Dio responsabile della creazione ma forse un po’ burlone. Lo Smithsonian Magazine, la rivista del prestigioso Smithsonian Institute di Washington, si è preso il gusto di elencare tutti i punti nei quali il nostro corpo mostra delle strane incoerenze, che danno ragione all’evoluzionismo, darwiniano o no. Per esempio: già è ben noto che il nostro banale mal di schiena è la conseguenza del cattivo adattamento dell’uomo all’andatura eretta, cui arriva evolvendo da un remotissimo passato di quadrupede. La nostra spina dorsale non si sarebbe evoluta di pari passo con il mutamento della postura e quindi, invecchiando, si logora e comincia a dolere.
Ugualmente, pare assodato che l’appendice, quella minuscola biforcazione dell’apparato viscerale che ogni tanto si infiamma e va resecata è un residuo che non serve più agli scopi per i quali ne fummo dotati dal creatore. L’implacabile Smithsonian Institute va ancora più in là, assicurandoci che il nostro normale e volgare singhiozzo è quanto ci resta della respirazione di un nostro ancora più antico antenato, un anfibio che, quando si immergeva, abbassando l’epiglottide metteva in atto un meccanismo fisiologico per bloccare l’ingresso dell’acqua nell’apparato respiratorio: il fastidioso singhiozzo che a volte ci aduggia è un tenacissimo (e inspiegabile) residuo biologico di quelle affabulate origini. Così come l’attitudine che alcuni hanno di muovere i padiglioni auricolari è reminiscenza di un’era in cui l’"homo habilis" abitava nella savana, si nutriva cacciando e direzionava le orecchie per captare i suoni lontani, i movimenti della possibile preda. Lo fanno ancora oggi cani e gatti di casa. Queste familiari bestiole hanno anche un’altra abitudine che le apparenterebbe a noi, quella di arricciare il pelo quando sono irritate o vengono avvicinate da un potenziale nemico. Noi abbiamo perso il pelo ma, evidentemente, non l’innocente vizio, e talvolta ci viene quella che noi chiamiamo "pelle d’oca". Magari il fenomeno si produce in noi quando ascoltiamo un bel brano musicale o siamo colti da una emozione piacevole, ma il meccanismo è sempre quello. Due ultime segnalazioni dell’affidabile periodico di Washington sembrano essere in conflitto l’una con l’altra. Da una parte l’uomo conserva nell’osso sacro (il coccige) un residuo di animalesca coda, dall’altra pare che le difficoltà che spesso ci procurano i denti del giudizio derivino dal fatto che il nostro cervello, aumentando di volume nel corso dell’evoluzione, ha via via tolto spazio all’arcata dentaria. I denti del giudizio soffrono ancora di questa diciamo così - ristrettezza di alloggiamento.
"Individuum est ineffabile"
Insomma, pare quasi che il Padreterno creatore voglia prendersi gioco di noi, ammonendoci da una parte che in fondo noi siamo solo bestie un po’ più evolute, dall’altra regalandoci un cervello capace di idee, sentimenti, ecc. Forse è abbastanza per destare qualche dubbio nei creazionisti. Ma anche gli evoluzionisti puri e duri hanno problemi di affidabilità. La loro teoria può dare ragione dell’evolversi e mutare di specie e generi, non però (credo) della singolarità dell’individuo, sia costui il più scemotto degli umani o Beethoven.
Come ci ricorda san Tommaso, "individuum est ineffabile": l’individuo è unico e inspiegabile, e nessun evoluzionista mi pare sia in grado di dare una spiegazione soddisfacente di questa realtà.
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