
30/08/11
la Repubblica
Lasciare a casa metà dei parlamentari e risparmiare 128 milioni di euro l'anno. Tanto vale in termini monetari la proposta di dimezzare il numero di senatori e deputati che è uscita dal vertice di Arcore. Proposta a dire il vero non nuova e che giace da tempo a Palazzo Madama e Montecitorio con proposte provenienti sia dalla maggioranza che dall'opposizione.
Ridurre gli inquilini della Camera a 315 dagli attuali 630 e quelli del Senato da 315 a 158 non è però cosa da potersi realizzare in poco tempo. Per il semplice motivo che la riduzione del numero dei parlamentare deve passare da una riforma della Costituzione. In particolare degli articoli 56 e 57, quelli che fissano il numero di senatori e deputati. E comunque gli effetti si vedrebbero solo nella prossima legislatura. Questa è la prima grande incognita sul cammino del "dimagrimento" di Camera e Senato. In base all'articolo 138 della Costituzione, le modifiche alla Carta devono seguire un percorso complicato che prevede due letture da parte di Camera e Senato a distanza di almeno tre mesi e un eventuale referendum confermativo se il voto finale non avviene con quorum dei due terzi. Ora, visto il fronte amplissimo che chiede il dimezzamento dei parlamentari questi tempi potrebbero essere ridotti all'osso e il referendum confermativo evitato.
Ma i tempi sono sempre stretti e per questo il numero due di Futuro e Libertà, Italo Bocchino ieri ha sentenziato: «Sono stati annullati i tagli alla politica, perché i ddl costituzionali su province e numero dei parlamentari annunciati, non saranno mai approvati in tempo». Dunque il Parlamento della prossima legislatura potrebbe essere dimezzato nei numeri. Per il momento la manovra, anche nella versione uscita ieri dal vertice di Arcore, colpisce i parlamentari nel portafoglio. Infatti deputati e senatori dovrebbero rimanere i soli a versare alle casse dello Stato il famoso contributo di solidarietà. Un obolo che si aggiunge alle altre sforbiciate che le manovre hanno inferto allo stipendio di deputati e senatori. Sui soldi che ricevono senatori e deputati grava inoltre la previsione nella manovra originale dell'adeguamento dello stipendio a quello della media dei colleghi europei. Un provvedimento che li porterebbe ad incassare ogni mese solo 5 mila euro al posto degli attuali 11 mila e passa. Ma anche questa novità potrà partire solo dalla prossima legislatura.
Tutto rinviato o quasi, dunque. Anche perché queste norme di rango costituzionale si incrociano con il progetto di riforma complessivo della seconda parte della Costituzione già depositato dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli. Che prevede, fra le altre cose, anche la nascita del Senato federale.
Altro incrocio, che rende problematico il percorso del dimezzamento dei parlamentari, è quello con la riforma della legge elettorale. Esiste infatti una contraddizione profonda tra la richiesta di cambiare il Porcellum perché i parlamentari sono nominati e slegati da qualsiasi rapporto con gli elettori e un dimezzamento che, ferma restando l'attuale legge, renderebbe ancora più grandi i collegi in cui verrebbero eletti. Per questo il "dimagrimento" trova l'opposizione dei radicali. «Se la legge resta quella che c'è - spiega Emma Bonino - visto che i parlamentari sono nominati, si potrebbero persino ridurre a 30, o forse sono anche troppi. Il fatto è che dimezzare i parlamentari vanificherebbe qualsiasi speranza di poter arrivare ai collegi uninominali dove ci si confronta con 100 mila abitanti, che conoscono vita, morte e miracoli dei candidati».
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