
Non solamente i due marò, ma tanti sono gli italiani che si trovano in galera per reati futili o addirittura mai commessi. E il nostro Paese che fa? Non solo non li aiuta, ma addirittura in alcuni casi interviene per contribuire alla condanna. Il Punto ne parla con i responsabili dell’associazione “Prigionieri del silenzio” che da anni lottano per far conoscere i singoli casi.
Banalizzando le cose potremmo dire: “Non solo i due marò”.
Gli italiani che sono detenuti all’estero, a torto o a ragione, sono 3103 secondo le ultime stime della Farnesina. Fino a oggi ce ne siamo vergognati come ladri invece di aiutarli. Abbiamo presunto la loro colpevolezza invece che l’innocenza. Adesso sono talmente tanti - e ci sono stati casi così eclatanti - che non si possono più mettere come la monnezza sotto il tappeto. Alcuni di essi sono stati monitorati dall’associazione che fa capo a Katya Anedda e a Carlo Parlanti (che fino all’anno scorso era uno degli sfortunati) e che si chiama “Prigionieri del silenzio”. Per il neo ministro degli esteri Emma Bonino, campionessa dei diritti umani, quello dei detenuti italiani all’estero è uno dei dossier più scottanti. E tutti aspettano di vedere se invertirà la prassi sinora seguita dal Mae.
Prigionieri del silenzio
Ricorda la Anedda: “La prima volta che mi sono occupata di italiani arrestati all’estero è stato nel 2004 quando Carlo Parlanti, mio ex convivente fu fermato in Germania per un mandato di arresto emesso dagli Stati Uniti, prima di allora non mi ero mai sognata di fare una ricerca su Google con la chiave “italiano detenuto all’estero”, siamo il Paese del diritto e la prigione ci sembra una cosa che non ci appartiene e quindi inconsciamente pensiamo: se è in prigione qualcosa ha fatto, sino a che la prigione non arriva nelle nostre vite”. “Uno dei primi casi di cui ho sentito - dice ancora la Anedda - fu quello di Lorenzo Bassano nel 2007. Noi, eravamo “fortunati” perché non avevamo paura di pubblicare gli atti del processo, perché tutto evidenziava una storia assurdamente kafkiana e nonostante l’abbandono di amici che invece pensavano come l’italiano medio senza informarsi, molta nuova gente si era avvicinata al caso di Carlo e tentava di aiutarci. Lorenzo Bassano, anch’esso si poteva ritenere fortunato perché, nonostante la sua “colpevolezza”, molte furono le manifestazioni in suo favore. Lorenzo era un regista di spot pubblicitari quindi molto conosciuto nel mondo mediatico e molti si erano immedesimanti in lui, non era difficile farlo, visto il reato che gli veniva contestato”. Cioè? “Lorenzo è stato colpevole di un’incoscienza che almeno il 50% degli italiani compie in viaggio all’estero: si era recato a Cuba, dimenticando in una scarpa, o nella tasca dei jeans meno di un grammo di hashish... dopo due giorni fu arrestato anche Andrea De Angeli, un ragazzo di 21 anni che si era concesso un viaggio come premio di laurea (in architettura) trovato con meno di dieci centigrammi grammi di fumo, ambedue rischiavano dai 4 anni all’ergastolo... “. È bene precisare che esistono migliaia di Lorenzo Bassano e Andrea De Angeli in Italia, ma non li consideriamo criminali. Se invece finiscono in carcere all’estero per i medesimi “reati” (farsi le canne) lo Stato, la Farnesina, li abbandona a se stessi.
Caso Parlanti
Il caso Parlanti, che è quello che ha coinvolto personalmente la Anedda fino a farla diventare un’attivista dei diritti umani, ultimamente ha preso una piega che potrebbe creare non pochi problemi diplomatici all’Italia. Carlo ha scontato da innocente l’intera pena di nove anni di carcere negli Usa dopo la falsa denuncia della sua ex compagna che per ripicca di essere stata lasciata lo denunciò per maltrattamenti, stupro e altre cose del genere. In Italia però, ad aiutare le pessime indagini fatte in America, in California a Westlake nella contea di Ventura, ci pensò un esponente della polizia italiana a Milano che agì solo per “fare un favore” all’americana Fbi tramite un attaché di ambasciata a Roma. Arrivarono a fabbricare dei falsi e ci sarebbe la prova anche in scambi di email e di documenti trafugati che aiutarono gli Usa a ottenere l’estradizione di Parlanti dalla Germania. Dove nel frattempo era stato fermato nell’aeroporto di Dusseldorf.
In America Parlanti sarebbe dovuto essere rimesso libero su cauzione, anche perché la denunciante era stata fotografata, nei giorni in cui sarebbe stata percossa e stuprata, ma appariva in insolita buona forma. Non compatibile con le denunce fatte allo sceriffo locale. Provvidenzialmente dall’Italia arrivò un documento preso abusivamente da un vecchio fascicolo del 1989, archiviato senza mai arrivare a indagine e relativo a una vecchia denuncia per maltrattamenti di un’ex dello stesso Parlanti. Tanto bastò per farlo trattenere in carcere e poi per farlo condannare in America, come se si fosse trattato di un recidivo del settore. Adesso sia l’ispettore di polizia italiana sia l’attaché di ambasciata sono stati denunciati dallo stesso Parlanti e presto potrebbero essere indagati anche per calunnia.
L’affaire greco
Un altro caso pazzesco è quello di un giovane condannato in Grecia a oltre quindici anni di carcere per traffico di droga: per anni aveva chiesto alle autorità greche di potere scontare la pena in Italia, sulla base della convenzione di Strasburgo, ma siccome c’era pure una pena pecuniaria che lui non era in grado di pagare, si fece l’intera condanna.
Quando fu scarcerato ed espulso verso l’Italia per fine pena ecco la sorpresa: qui da noi è catturato all’aeroporto e messo in carcere. Dove si trova da un anno. E questo perché, siccome nessun interprete capiva il greco e ha potuto leggersi la sentenza e poi la dichiarazione di pena espiata, semplicemente una manina della burocrazia ha riesumato la sua richiesta di scontare la pena in Italia. E tutti credevano e ancora credono che la Grecia lo avesse rimandato qui per scontare il residuo pena e non perché ormai l’avesse espiata.
“A Prigionieri del Silenzio - racconta la Anedda - arrivano giornalmente tante storie, persone colpevoli o innocenti... che hanno comunque dei diritti e quello principale è un giusto processo e vivere nel rispetto dei diritti umani fondamentali. I pochi fortunati che hanno avuto il coraggio di parlare e far sentire la loro voce sopravvivono sperando, la gran parte vivono nel tormento e in un terrore profondo”.
Sì perché non sono rari i casi in cui ci scappa il morto. Due di essi ce li siamo fatti raccontare da persone che hanno voluto tenere l’anonimato. Uno è quello di Claudio Castagnetta, ricercatore partito per il Canada per un master che viene arrestato - dicono - per disturbo alla quiete pubblica. Dopo due giorni viene trovato morto nella sua cella, dicono che si sarebbe suicidato sbattendosi la testa contro il muro, sta di fatto che le scuse del ministero canadese sarebbero arrivate in seguito... ufficialmente... ma Claudio non può più festeggiare il suo compleanno con i suoi cari. Ancora più incredibile, e sconvolgente, il caso di Simone Renda, bancario arrestato in Messico.
Il ragazzo si era sentito male proprio il giorno della ripartenza per l’Italia e non aveva avuto la forza di uscire dalla stanza dell’albergo. Così il proprietario mandò una cameriera a sfrattarlo. Quest’ultima entrando nella camera con il passe-partout per fare le pulizie lo trovò nudo e riverso sul letto. Quindi chiamò la polizia che lo portò nelle prigioni messicane.
La cosa fu venduta come una specie di caso Strauss Khan in sedicesimo. Il ragazzo soffriva di una malattia per cui non poteva stare a lungo senza bere, venne però lasciato senza cibo e acqua per due giorni... così morì in cella. La madre, Cecilia Renda, cominciò allora a lottare per chiedere giustizia per il suo ragazzo. Si venne a sapere subito che Simone poteva e doveva essere scarcerato, ma la stessa guardia della prigione in tribunale ammise di non averlo rilasciato solo perché “non aveva una penna per firmare il rilascio”. Oggi Cecilia lotta ancora per fare riaprire il processo contro gli aguzzini del figlio che l’hanno passata liscia. [3]