
Il tasso di nevrosi serpeggiante nei palazzi romani è molto alto, troppo per garantire una vita serena al governo. Si guarda al quadrangolare europeo di oggi a Roma e soprattutto alla scadenza del vertice di fine giugno, fra una settimana, come ai due momenti della verità. Sottinteso: se Mario Monti non strappa all'Europa, ossia ad Angela Merkel, qualche minimo risultato, nessuno vorrà o saprà garantirgli di concludere in serenità la legislatura.
Parole, si dirà: in fondo è più probabile che i partiti rotolino sull'abbrivio fino al prossimo gennaio, visto che nessuno avrà il coraggio di aprire la crisi. E tuttavia sono parole che pesano e danno corpo a quella speciale condizione di «né pace né guerra» in cui viviamo da tempo e che negli ultimi giorni si è accentuata. Il presidente del Consiglio sa di dover procedere lungo un sentiero angusto. Nei prossimi giorni otterrà – con la fiducia – il via libera parlamentare alla legge sul lavoro e poi andrà a Bruxelles. Ma al ritorno la corsa a ostacoli riprenderà con l'obiettivo di arrivare alla fine dell'anno, cioè al termine sostanziale del suo mandato.
Ogni giorno sarà una conquista, se è vero che il predecessore di Monti a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi, lascia trapelare il malcelato desiderio di costruire un nuovo partito per le elezioni basato sul rifiuto della moneta unica. E se Bersani, a sua volta, sul versante del centrosinistra, è accreditato – senza prove, in verità – di coltivare il sogno segreto di un anticipo elettorale in autunno. Niente primarie, niente fastidi, e una vittoria che i sondaggi danno per sicura.
La novità è che la nevrosi ha investito anche il Quirinale. Al tentativo piuttosto goffo di delegittimarlo, Napolitano ha replicato ieri con durezza, respingendo le insinuazioni «fondate sul nulla». Ora non è tanto significativa la risposta, prevista e inevitabile, del capo dello Stato ai suoi detrattori; quanto l'insistenza con cui si è costruito un caso davvero fragile, attraverso l'uso di intercettazioni che non si sono fermate nemmeno davanti al telefono del presidente della Repubblica. Intercettazioni «irrilevanti», si è fatto trapelare, con un gesto che assomiglia molto a un'intimidazione. Come dire: attento, anche tu sei sotto controllo.
È un pessimo clima. Nelle prossime settimane il paese potrebbe aver bisogno di nuovo di un Quirinale arbitro dei destini politici degli italiani. È grave e pericoloso indebolire a colpi d'ariete questo punto d'equilibrio istituzionale. Lo abbiamo già scritto, ma il tema ritorna: con ogni evidenza c'è la volontà politica di tenere sotto pressione il presidente della Repubblica.
Ecco cosa s'intende per nevrosi. Un sistema politico incapace di autoriforma e giunto sul bordo dell'abisso tende a scaricare le proprie frustrazioni sul governo o addirittura sulla presidenza della Repubblica. La speranza nemmeno nascosta è di correre alle elezioni in autunno. Chi pensa di vincerle (il centrosinistra); chi preferisce giocare subito la partita perché è incalzato da Grillo (Di Pietro); chi ritiene di risalire la china con una linea esplosiva contro la Merkel (Berlusconi). Tutti temono che di rinvio in rinvio si arrivi al 2013 nella generale dissoluzione. Ma nessuno ha il coraggio di compiere la mossa decisiva e di rovesciare il tavolo. La miscela è oscura e carica di rischi. Per evitarli bisogna sperare in Monti e nella sua capacità di cogliere un risultato in Europa.
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