
Se chiedi quanto business gestiva il comitato d’affari, la superloggia massonica, la nuova cricca nella quale è ora indagato per corruzione anche l’azzurro Denis Verdini, gli investigatori allargano le braccia:
«Troppi. Sa come si dice nelle cause civili? "Non determinabile"».
Miliardi di euro nel mosaico dell’accusa. Per questo l’altro giorno la polizia giudiziaria è entrata al Credito cooperativo fiorentino, mille soci con il coordinatore del PdL come uomo di riferimento. Per risalire a gambero negli affari con tara illecita emersi finora.
Tra Sardegna, Lazio e Toscana per la procura di Roma un comitato di garanzia occulto avrebbe creato nel nuovo millennio corsie preferenziali dietro il pagamento di tangenti. Affari quindi, concessioni, placet politici nelle costruzioni, nello sviluppo di energie alternative, nelle gare per appalti e per l’assegnazione dei fondi pubblici. L’ipotesi investigativa è inquietante perché ipotizza a carico di Verdini anche l’associazione segreta, una sorta di superloggia che avrebbe condizionato la vita della politica dei fondi pubblici e degli appalti. Pietra angolare dell’inchiesta in accelerazione dal novembre dello scorso anno quando la direzione distrettuale antimafia di Roma coglie le congiunzioni con le indagini dei colleghi fiorentini. In sei mesi di attività le intercettazioni e le verifiche hanno già portato all’iscrizione nel registro degli indagati i nomi di cinque persone per corruzione. Tra questi spiccano appunto
quello di Verdini, coordinatore nazionali del PdL, e di Flavio Carboni, il faccendiere sardo legato al crac dell’Ambrosiano giunto ormai a 78 anni e oggi alla sbarra per l’omicidio di Roberto Calvi.
I PUNTI DI RIFERIMENTO
Entrambi, nelle carte dell’inchiesta in mano alla Guardia di Finanza, vengono indicati come punti di riferimento di questo presunto «gruppo di potere - spiega un investigatore - capace di appianare qualsiasi difficoltà grazie alle enormi quantità di denaro che disponeva». Una situazione ancora in evoluzione e dagli esiti imprevedibili nata quasi per caso intercettando degli esponenti di Cosa Nostra. Gli inquirenti sospettano che siano state erogate tangenti per oltre due milioni di euro. Mazzette che venivano spartite con precisione e sapienza tra tutti i protagonisti che si adoperavano per far vincere gli imprenditori amici. Insomma, una sorta di cricca che non avrebbe punti di contatto, collegamenti o affari in comune con il gruppo Anemone sul quale stanno investigando le procure di Perugia e Firenze.
E’ un’indagine che corre parallela e che si è sviluppata con rapidità in Italia e con richieste rogatoriali anche all’estero. Determinando delle fughe di notizie sulle quali la polizia giudiziaria ora sta compiendo delle verifiche. Secondo gli investigatori le indiscrezioni apparse sarebbero tese a minare la struttura stessa dell’inchiesta aprendo falle informative che hanno per certi versi annullato l’effetto sorpresa sugli indagati. Del resto, i giornalisti fanno il loro mestiere, quando trovano una notizia la pubblicano.
SCENARIO SCONFORTANTE
Lo scenario che si apre se confermato è comunque sconfortante. È dai tempi della P2 di Licio Gelli che una procura importante come Roma non contesta l’associazione segreta in procedimenti di rilievo. Tutte le contestazioni espresse da procure di provincia (da Palmi con Agostino Cordova ad Aosta con David Monti e Potenza) sono finora naufragate. Sarebbero già una decina le vicende gestite dal comitato d’affari, individuate nell’inchiesta e ora al vaglio dei sostituti Rodolfo Sabelli, Ilaria Calò e il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Dei vari dossier trattati il primo è ormai noto. Riguarda l’energia alternativa con un parco eolico alle porte di Cagliari. In questo filone sono coinvolti anche Ignazio Farris, direttore generale dell’Agenzia regionale sarda per la protezione dell’ambiente, l’ex assessore ai Servizi sociali della provincia di Cagliari, Pinello Cossu (Udc) e l’ex assessore socialista all’Annonaria del Comune di Napoli, Arcangelo Martino, oggi imprenditore nelle costruzioni.
Martino è noto alle cronache: l’anno scorso svelò pubblicamente di aver presentato Berlusconi a Benedetto Letizia, padre di Noemi, ma è una vicenda senza punti in comune con quella nel mirino dei Pm della capitale. Chiude il gruppo un giudice che si occupa di questioni tributarie, ovvero il magistrato Pasquale Lombardi che avrebbe dispensato consigli. Ma sul profilo professionale di quest’ultimo sono in corso delle verifiche per capire se era davvero un giudice a tempo pieno o un magistrato onorario. Anche i nastri con le intercettazioni sono ancora da sbobinare e trascrivere. Dai primi brogliacci emergono telefonate di Marcello Dell’Utri che avrebbe avuto dei contatti con gli indagati e che non vengono smentiti dall’amico di vecchia data del Cavaliere: «Conosco da tempo Carboni, ho conosciuto anche Lombardi ma parlare al telefono non è un reato. Almeno per ora». Di altro Dell’Utri non sa. Non conosce questa presunta loggia affaristica che intreccia vecchie glorie come Carboni a figure come Verdini.
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