
Sospesi nell`attesa. Il Paese e il suo governo dipendono dallo sblocco della questione giustizia. Nel frattempo c`è spazio solo per l`ordinaria amministrazione di Tremonti e della sua Finanziaria "prendere o lasciare". Ancora non si intravede la fine dell`intervallo: anziché segnali di ripresa dell`iniziativa politica, dall`Esecutivo e dal suo vertice si annunciano d`altronde ulteriori dilazioni. Proprio negli stessi minuti in cui Silvio Berlusconi prefigura a Minsk, insieme con il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, nuove partnership commerciali «a partire da Finmeccanica e dalla costruzione di case», da Palazzo Chigi ricordano il vertice bilaterale Italia-Russia di giovedì prossimo. A Milano gli avvocati del premier Niccolò Ghedini e Piero Longo presentano l`istanza di legittimo impedimento per il giorno successivo, venerdì, data per la quale sarebbe prevista la ripresa del processo al presidente del Consiglio sul caso Mills. Seguirà a inizio gennaio il secondo summit intergovernativo con la Romania. Perché questo spasimo infinito possa interrompersi ci vocerebbe una decisa accelerazione sulla giustizia, una scelta di interventi praticabili con cui assicurare uno scudo a Berlusconi e far ripartire finalmente la legislatura. Servirebbe soprattutto la capacità della maggioranza di conciliare l`ingegneria giuridica con le proposte dell`opposizione. Vorrebbe dire non intestardirsi sul processo breve e muoversi più spediti sui provvedimenti condivisi da Udc e Pd: il Lodo Alfano costituzionale e la tipizzazione del legittimo impedimento, ipotesi avanzate entrambe da Pier Ferdinando Casini. Invece il governo e la coalizione che lo sostiene preferiscono procedere alla cieca sulla legge ammazza-processi: il ministro della Giustizia Angelino Alfano assicura davanti alla commissione Giustizia del Senato che «principio e spirito» del provvedimento sono condivisi dall`Esecutivo. Aggiunge che i suoi dati sul numero dei procedimenti a rischio sono inconfutabili (non più dell`1 per cento) e liquida come «non rappresentativi» quelli dell`Anm. Il presidente della commissione Filippo Berselli a sua volta prevede l`arrivo della nuova legge nell`Aula di Palazzo Madama «entro Natale». É vero che sia Ignazio La Russa che Giuseppe Valentino (relatore del provvedimento) si dichiarano aperti ai contributi dell`opposizione, che inizierà oggi la discussione, ma è anche vero che certe inevitabili turbolenze legate alla nuova norma rischiano di rendere ancora più asfittico il Parlamento. Nella maggioranza si nota comunque una certa riottosità ad ascoltare le proposte degli avversari. Come se da parte berlusconiana ci fosse ancora il sospetto che le opposizioni formano un tutt`uno indistinto con la magistratura. Più che un sospetto potrebbe anche trattarsi di un`opzione di comodo: riconoscere che dall`altra parte non ci sono partiti assetati di condanne ma interlocutori pronti a competere su terreni diversi, riconoscerlo davvero, implica anche la rinuncia alla mitologia dell`assedio. E costringe una volta per tutte il presidente del Consiglio a proporsi come uomo dello Stato e non da condottiero di un`incursione eroica in campo avverso. Non sembrano scalfire il sostanziale autismo della maggioranza i toni misurati e istituzionali del vicesegretario del Pd Enrico Letta, né le nuove aperture arrivate ieri, con sfumature diverse, da Nicola Latorre o da Giorgio Merlo. E non basterà probabilmente a modificare un certo atteggiamento di diffidenza nemmeno il realismo estremo dei Radicali: Emma Bonino arriva a ipotizzare addirittura «una grande riforma della giustizia» che parta da «una grande amnistia» per risolvere «la situazione drammatica nelle carceri», ma soprattutto abbatte il tabù antiberlusconista aggiungendo «anche se ne beneficiasse il premier, è un prezzo che si potrebbe pure pagare». Forse è un po` troppo, ma certo la vicepresidente del Senato dimostra ancora una volta come nell`attuale opposizione i pregiudizi giustizialisti sopravvivano ormai solo nella riserva indiana dell`Italia dei valori. La leader radicale non trova sensata la mozione sulle riforme che domani Pd e Udc presenteranno nell`aula di Palazzo Madama, giacché vi si rivolge al governo perché avvii un confronto sul riassetto delle istituzioni. E invece è proprio il coinvolgimento dell`Esecutivo, e di Palazzo Chigi in particolare, l`elemento necessario, e per ora introvabile, perché questa legislatura esca dalle sabbie mobili. Chi preferirebbe vederla annaspare ancora è Antonio Di Pietro, il quale ieri si è prodotto in un avvertimento piuttosto esplicito a Enrico Letta: «Sentirgli dire che Berlusconi fa bene a difendersi non solo nei processi ma addirittura dai processi è un`affermazione grave, che mette a rischio la possibilità di alleanze». Minacce che in realtà dovrebbero confermare alla maggioranza come il Pd si sia davvero avviato, con la segreteria Bersani, verso posizioni ragionevoli non lontane da quelle dell`Udc. E invece la scarsa costruttività del Pdl mostra come l`epoca della diffidenza e della sfiancante guerra di trincea non sia ancora superata.
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