
13/09/10
Corriere della Sera
In apparenza nessuno di loro ha nostalgia di Fini. I giovani che erano di An, che oggi sono solo dei Pdl, ascoltano il Cavaliere parlare, lo applaudono, sorridono. C'è feeling e si vede. Fischiano invece il presidente della Camera. Lui, il premier, li ricompensa raccontando la rottura senza peli sulla lingua: «Non potevo fare ancora finta di niente, a un certo punto alcuni mi davano anche del rincoglionito...».
Ieri mattina, nei giardini del Celio, alla tradizionale festa di Atreju, Berlusconi si è mostrato sereno, sicuro che il governo andrà avanti senza problemi: «Ma sì che ce la facciamo, sicuramente; il Pdl esiste ed esisterà sempre, perché non è partito ma un popolo che non si riconosce nella sinistra». Sotto la regia di Giorgia Meloni, presidente di Giovane Italia, organizzazione nata dalla fusione dei settori giovanili di Forza Italia ed An, il Cavaliere chiarisce uno degli equivoci delle ultime ore: in Parlamentò, a fine mese, la verifica sui cinque punti dei programma «certamente dovrà essere votata». Poi fa come sempre professione di ottimismo: «Vi dico che sarà una grande maggioranza, andremo al voto solo fra tre anni».
Qualche dettaglio lo fornisce subito, dicendo che i finiani «non verranno meno all'impegno preso con gli elettori, saranno leali al simbolo del Pdl». Ma il punto più interessante è quello sullo schieramento di centro, ovvero 1'Udc: molti parlamentari potrebbero sostenere il governo anche «in dissenso dal loro leader». Parole che fanno scattare la reazione immediata di Casini e che nel pomeriggio il capo del governo chiarirà con una nota, cercando di non alimentare polemiche ulteriori: «Non mi riferivo all'Udc, ma soltanto alle posizioni di centro in generale ed era un discorso rivolto al futuro, in caso di elezioni, non al presente». Una pezza che non mette a tacere le voci sui movimenti in corso alla Camera. Se i centristi smentiscono, le indiscrezioni continuano ad attribuire al Cavaliere alcuni dei loro voti. Si vedrà in Parlamento, intanto lo stesso premier si mostra sicuro anche citando i sondaggi: «Insieme alla Lega siamo oltre il 50%», dice ai ragazzi, anche se non cita la fonte e sembra contraddirsi. Poco prima aveva detto che la querelle con Fini aveva fatto perdere «cinque punti di gradimento» al suo movimento.
Uno dei passaggi più seguiti dalla platea è quello sulla corruzione, sulle mele marce dentro il partito. Giorgia Meloni apre l'argomento facendo professione di berlusconismo, dicendo che molte inchieste hanno un sapore politico, ma arriva comunque al dunque, chiedendo al premier di rendere incompatibili con le cariche elettive chi ha avuto problemi giudiziari. Da parte dei giovani scatta un'ovazione, la Meloni ha intercettato una sofferenza palpabile. Arrivano gli applausi per il ministro e anche il Cavaliere batte le mani: «Sono perfettamente d'accordo con voi, ma non ci sono mascalzoni nel nostro partito, li abbiamo individuati e provveduto ad espellerli».
Ma è un discorso che il premier non può digerire senza almeno un altro distinguo. Che infatti arriva puntuale, quando gli applausi scendono di tono: «In ogni caso il giudizio non lo può dare una certa magistratura, ma un organo interno al partito», chiarisce il premier. In sintesi: il principio è giusto, ma delle toghe non ci possiamo fidare. Poi è una lunga serie di battute e barzellette. Il Milan che perde? «Mi sa che ci sono troppi arbitri di sinistra». Un omaggio al suo primo collaboratore: «Vorrei cambiare il nome del palazzo del governo, da Palazzo Chigi a Palazzo Letta». Un consiglio ai ragazzi: «Cercatevi un fidanzato ricco, io ho una figlia libera di sposarsi». Su sé stesso: «Ho la fila di aspiranti mogli, perché sono simpatico, ho un po' di grano, circola la leggenda che ci so fare e infine pensano "questo è vecchio, muore presto e io eredito"». Sa già che sarà criticato ma non riesce a trattenersi sull'ultima che ha saputo: «Dopo un po' che Hitler è morto racconta - i suoi sostenitori vengono a sapere che è ancora vivo. Lo vanno a cercare per convincerlo a tornare, lo trovano e lui risponde: Si torno, ma ad una condizione. Una sola: la prossima volta cattivi, eh?». Postilla: «Così dopo il comunismo abbiamo sistemato anche il nazismo».
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