
Al Colle aveva già chiesto scusa, durante un incontro "riparatore" con il presidente Napolitano. Ma ieri Schifani ha fatto il bis, replicando lo stesso identico copione del novembre scorso: evocando elezioni anticipate ha finito ancora una volta per scavalcare il presidente della Repubblica. L’unico al quale la nostra Costituzione assegna la decisione di chiudere eventualmente anzitempo la legislatura, dopo tutte le più attente verifiche. E che certamente non si aspettava, dopo quella convocazione e il chiarimento sul Colle, un replay dell’incidente che lo sorprese durante la sua visita di Stato in Turchia. A destare l’attenzione del Colle anche un’altra circostanza, pure questa una fotocopia della " crisi" dello scorso autunno, quando Schifani impugnò l’arma del voto anticipato sempre contro il "ribelle" Fini: l’una
contro l’altra seconda e terza carica dello Stato. Il braccio di ferro politico dentro la maggioranza che tracima, e minaccia di trasformarsi in un scontro istituzionale che coinvolge i massimi vertici del Parlamento. A dispetto di tutti gli appelli e delle preoccupazioni del capo dello Stato.
Che giusto ieri, ricevendo il ministro Scajola che gli ha mostrato i quattro francobolli per il 150 anniversario della spedizione dei Mille, ha voluto celebrare il valore della coesione del paese. L’unità nazionale, ha sottolineato Napolitano, «ha superato molte prove». E soprattutto ha guidato «come una grande stella polare» la straordinaria trasformazione dell’economia, della società e delle istituzioni in Italia. Il presidente sarà a Quarto in visita il 5 maggio, poi l’ l i tappa a Marsala e Calatafimi, «anche se non mi imbarco con i Mille», scherza. Il suo auspicio è che le celebrazioni per i 150 anni «siano momenti di larghissima condivisione, anche popolare», un’occasione di riflessione «sulla nostra storia e di conferma del nostro impegno per l’unità nazionale». Che il capo dello Stato celebrerà pure il 24 aprile a Milano, alla Scala, dove parlerà per l’anniversario della sconfitta del nazifascismo. «Non è stata soltanto la giornata della Liberazione ma anche della riunificazione del paese, per venti mesi tagliato in due».
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