
Il dibattito sul pensiero liberale continua ad essere vivo e presente sulla stampa nazionale. Merito anche del quotidiano Europa che su questo tema continua a far sentire la propria voce. Purtroppo, malgrado la discussione sia aperta da molto tempo, la voce dei partiti è pressoché afona. È per tale ragione che acquista un particolare interesse, all'interno del dibattito in corso, l'intervento che il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, ha scritto per la rivista Reset. Nell'articolo del capo dello stato, scritto nella forma della lettera al direttore, si domanda «come e perché il filone liberale abbia incontrato sordità e suscitato contrapposizioni nell'area del riformismo». E si denuncia come, fin dal secondo dopoguerra, «dogmatismi e schematismi ebbero il sopravvento su ispirazioni di cultura liberale».
Sullo sfondo, come cartina di tornasole del discorso di Napolitano, domina la figura e lo spessore politico di Luigi Einaudi, come esempio concreto di quelle personalità che seppero interpretare al meglio il loro ruolo di statisti. A tal proposito, vorrei rimandare a un articolo, pubblicato su Europa il 10 giugno 2010, uno tra i tanti in cui ho affrontato personalmente l'attualità del pensiero liberale e di Einaudi, e intitolato: "Il liberismo di Einaudi può parlare anche al Pd". Oggi, purtroppo, in questo "eterno presente", intrappolati nella transizione infinita della politica italiana, il dibattito sull'attualità del pensiero liberale è annullato dalla partitocrazia imperante. I Radicali di Marco Pannella e di Emma Bonino, invece, continuano a discuterne. Il Potere, scritto con la maiuscola, si illude che le idee non servano e che discutere di come rifondare in profondità la politica sia soltanto una perdita di tempo. Insomma, il pragmatismo è divenuto un'ideologia e ha trasformato la promessa di fatti concreti in un esercizio aleatorio, astratto, evanescente. Il pragmatismo ha prodotto il nulla. Forse perché è diventato una delle tante forme immobili assunte dal Potere. E così, come le ideologie del Novecento promettevano irraggiungibili paradisi terrestri, il pragmatismo ideologico ha sedotto molte persone con la promessa di risolvere tutti i mali e tutti i problemi puntando dritto al sodo, accantonando ogni riflessione politica sull'uomo e sulle idee, rinunciando alla forza delle idee.
Servirebbe, invece, un nuovo Umanesimo liberale. Nel corso degli ultimi anni, infatti, il pragmatismo si è inevitabilmente cristallizzato diventando un dogma, un mito. Come se la politica potesse davvero agire rinunciando alle idee e alla circolazione delle idee, come se i fatti potessero esistere senza il sostegno della parola e il rispetto della parola data, senza la forza dei sogni e senza visione d'insieme, senza onestà intellettuale e senza fantasia. Perché, in questo stato di cose, anche la fantasia può essere molto preziosa ed è una necessaria compagna di viaggio.
In altri termini, il pragmatismo ideologico ha distrutto la politica annientando sia il pensiero che l'azione. Per realizzare un tale disegno, però, il pragmatismo dei fatti ha dovuto sostituirsi alla "teoria della prassi", a cui fa spesso riferimento Marco Pannella, cioè a quella "filosofia della pratica" di cui scriveva Benedetto Croce nel secolo scorso e che rappresenta il presupposto del "metodo liberale". Con il trionfo del pragmatismo, il pensiero è stato completamente sostituito dalle pulsioni provenienti dalla "pancia" del paese e la politica ha perso se stessa. È un gioco al massacro, alimentato dal Potere dominante, che fa leva sugli istinti animali dell'essere umano. La partitocrazia ha ridotto tutto nella rapidità di uno slogan, di uno spot, di una sterile polemica buttata lì prima che arrivi la pubblicità. Ma è una velocità fittizia che lascia tutto fermo, fisso, statico. Nel corso di questi ultimi cinquanta anni, la politica è stata gradualmente sostituita dal pragmatismo, dal nulla, dalle spartizioni sottobanco, dall'affarismo, dalla cupidigia. Detto in una parola: dall'antipolitica. La Politica non è quella della partitocrazia. La Politica, scritta con la maiuscola, non è il Potere, ma la possibilità, è l'arte del "nuovo" possibile. La Politica non è un mestiere, è un'arte. Sono quindi ancora più convinto che l'uscita dalla crisi politica in corso stia nel progetto di una costituente liberal-democratica, che apra finalmente la strada alla riforma stessa della politica. Per questo motivo, ritengo la riflessione di Napolitano su Reset un passaggio fondamentale nel dibattito sul pensiero liberale. Perché si tratta di un discorso concreto. Teorico, forse, ma molto concreto. Bisognerà che il Pd ne discuta.
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