
Per capire l'intesa cui Mario Monti ha costretto Udc e Fli, in tema di gruppi parlamentari unici, bisogna rifarsi a una precedente esperienza. Cinque anni fa Walter Veltroni accettò d'imbarcare Antonio Di Pietro come unico alleato fornito di lista propria: erano i tempi della «vocazione maggioritaria» del Pd.
Ai radicali, invece, impose la rinuncia al simbolo e la presenza di soltanto alcuni candidati nella lista del Pd (con diritto di veto esercitato su qualche nome, partendo da Marco Pannella, escluso dalla candidatura). L'intesa con l'Idv era che, dopo le elezioni, i dipietristi sarebbero confluiti nei gruppi parlamentari del Pd (esattamente come i radicali), in attesa di fondersi come partito. È noto come andò la faccenda: Di Pietro formò i propri gruppi e non ci pensò proprio a entrare nel Pd.
Probabilmente è la conoscenza di quell'esperienza che ha spinto Mario Monti a legare a sé i due partiti che l'appoggiano, impegnandoli a costituire gruppi parlamentari unitari. Questo, non solo al Senato, ove la lista è unica, ma altresì alla Camera, ove Udc e Fli si presentano ciascuno in proprio. L'impegno non è cosa da poco, perché quando sussistono più gruppi parlamentari, pur se appartenenti alla medesima coalizione, ciascuno può rivendicare la propria autonomia. Ovviamente la compresenza di un gruppo civico-montiano e di gruppi politico-montiani indebolirebbe molto l'attuale presidente del Consiglio, il quale potrebbe contare con sicurezza esclusivamente sui propri seguaci civici, mentre gli alleati politici potrebbero essere tentati da comportamenti difformi. Anche la rilevanza numerica di due gruppi compatti, uno alla Camera e l'altro al Senato, sarebbe ben diversa da cinque o sei gruppi minori, fra Camera e Senato.
L'impegno attuale non prende in considerazione alcuna le prospettive politiche successive alle urne. Per ora sono previste liste unitarie che sfoceranno in gruppi unitari. Fin qui, tutto è chiaro. Ma dopo, che sarà dell'esistenza di due partiti distinti e di un raggruppamento di candidati, solo alcuni dei quali eletti, senza tessera? È chiaro che Monti dovrà porsi il problema se far sorgere un partito da Italia futura & soci o se procedere avendo alle spalle un movimento alquanto tenue come strutture, base, espansione territoriale o se federare in qualche maniera i politici o se costituire un nuovo, unico soggetto politico.
La questione verrà fuori nel giro di poche settimane, con le elezioni amministrative che si terranno in primavera e alle quali i montiani potranno presentarsi con gli odierni alleati oppure con il proprio simbolo. L'esistenza di più partiti, anche se federati, insistenti nel medesimo territorio politico, porrebbe problemi. D'altro canto, l'inglobamento di un partito come l'Udc ne porrebbe altri, anche perché i montiani puri potrebbero esserne fagocitati. Sono tutte questioni che oggi non possono studiarsi, perché il problema impel-lente sta nella campagna elettorale. Monti, mal fidandosi dei consoci, ha posto loro una condizione non irrilevante: i gruppi unitari. Si vedrà come reagiranno i consoci dopo il 25 febbraio. Indiscutibilmente, molto dipenderà dal numero degli eletti, sia politici sia civici, e dai relativi rapporti di forza.
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