
Rotola di nuovo la Borsa, sale lo "spread" e si accentua il clima nevrotico che tutti respirano nei palazzi romani. Ci sono domande che non hanno risposte certe. Le prime due sono: cosa accadrà la settimana prossima al governo Monti in caso di insuccesso del vertice di Bruxelles? La «strana maggioranza» è in grado di reggere alla prova ovvero qualcuno coglierà il pretesto per reclamare un chiarimento politico e magari le elezioni anticipate?
Le risposte sono difficili perché i tasselli del mosaico sono ancora in disordine. E poi ci sono troppi «se». Bisogna procedere un passo alla volta. Dall'incontro al Quirinale fra Napolitano e Monti, ad esempio, è emersa la convinzione che l'Europa è giunta a un bivio cruciale. L'Italia ha paura del passo falso, del compromesso al ribasso. Quello che in queste ore temono anche i mercati.
Circa nove mesi fa, alla fine dell'estate 2011, proprio la sfiducia dei mercati nell'Italia contribuì alla svolta di novembre, con l'uscita di scena di Berlusconi e l'avvento di Monti. Oggi però quegli stessi ambienti cominciano a chiedersi se non sia meglio che l'Italia torni a un governo con base politica: purché, beninteso, la linea "montiana" sull'Europa non venga annacquata. In fondo gli editoriali dei maggiori quotidiani inglesi rispecchiano questo punto di vista quando s'interrogano sui rischi dell'«impotenza» dei tecnici. Come dire che la pressione sull'Italia c'è e diventa via via più pesante.
Ma le elezioni anticipate, come è noto, sono un azzardo che il presidente della Repubblica non intende considerare. E del resto nessuno dei capi-partito ha mai parlato chiaro al riguardo con il capo dello Stato, e nemmeno con il presidente del Consiglio. Allusioni, intimidazioni, un po' di guerriglia mediatica: ma nella sostanza la «strana maggioranza» regge, sia pure con crescente fatica e senza mai trasformarsi in uno strumento di autentica coesione.
La riforma del lavoro arriva in porto, ma si è visto quanto sia stato estenuante e deludente il suo cammino. Quanto al documento comune sull'Europa, un innocuo testo che servirebbe a Monti, una volta giunto a Bruxelles, per dimostrare ai partner che il governo "tecnico" ha dietro di sé una convinta base politica, ebbene quel documento è un mezzo rebus. Alla fine i partiti (Pdl, Pd e Udc) dovrebbero scegliere la via di tre mozioni legate da un preambolo comune. Una soluzione molto in stile Prima Repubblica che dimostra non la forza, bensì la debolezza del bizzarro tripartito che non riesce a unirsi nemmeno sull'Europa.
In ogni caso Monti a Bruxelles potrà vantare un certo sostegno del Parlamento. Oggi il premier vedrà il suo predecessore accompagnato da Alfano e Gianni Letta: difficile credere che Berlusconi voglia ripetere le stesse frasi contro l'euro pronunciate pochi giorni fa. Userà toni più costruttivi. Eppure tutto questo non servirà a molto se il vertice, come molti temono, si concluderà con scarsi o nulli risultati. In quel caso riprenderà il tira-e-molla e il gioco delle piccole provocazioni. Ma non avremo le elezioni, a meno di un subitaneo e inverosimile collasso dell'architettura europea. Nessuno giocherà a carte scoperte finché potrà evitarlo.
Monti resterà a Palazzo Chigi, in una condizione politica poco invidiabile. E i politici proseguiranno nella lunga corsa verso il voto del 2013. Come dimostrano i passi convergenti di Bersani e Casini: niente di definitivo, è ovvio, ma è una novità.
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