
Strattonato dai timori che la guerra civile in Siria inneschi un conflitto su scala più larga, qualcosa potrebbe entrare in movimento negli equilibri da anni statici e perennemente sotto stress di una delle parti più inquiete del Medio Oriente. Dentro Villa Taverna, la villa con origini nel XVI secolo che è residenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma David Thome, il segretario di Stato americano John Kerry ha cominciato ieri un giro di consultazioni su una futura ripresa di negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, interrotti dal 2010. Una prossima tappa di rilievo sulla sua agenda è stata annunciata per il 21 o 22 maggio. Per la quarta volta da quando ha preso il posto di Hillary Clinton, il titolare del Dipartimento di Stato tornerà in Israele: incontrerà il premier Benjamin Netanyahu e, nei Territori, il presidente palestinese Abu Mazen. Al centro delle ipotesi è tornato un vecchio piano saudita volto a soddisfare richieste palestinesi offrendo a Israele, in cambio, il riconoscimento da parte di una ventina di Stati arabi.
Di false partenze la ripresa di negoziati israelo-palestinesi ne ha lasciate intravedere più d’una. Tuttavia adesso gli appuntamenti del capo della diplomazia americana per riavviare le trattative sono parecchi e il loro infittirsi risalta ulteriormente dopo che Kerry, martedì, ha incassato a Mosca una disponibilità della Russia per una conferenza di pace sulla Siria, diventata un giacimento di mine per gli equilibri della regione. Una conferenza che dovrebbe riunire rappresentanti del presidente Bashar el Assad e dei suoi oppositori, oggi alle prese con un dialogo, nel migliore dei casi, a colpi di arma da fuoco. Kerry, l’ex candidato democratico per la Casa Bianca che fu sposato con la sorella dell’ambasciatore Thorne, ha scelto Roma per ricevere ieri il ministro della Giustizia israeliano Tzipi Livni, dinamica donna con un passato nei servizi segreti che ha una delega per trattare con i palestinesi. Benché non sia stato confermato ufficialmente, a una parte dell’incontro, durato oltre tre ore, avrebbe partecipato il ministro degli Esteri giordano Nasser Judeh. Kerry oggi dovrebbe parlare di nuovo con Judeh e con Tony Blair, l’inviato del Quartetto formato da Usa, Unione europea, Russia e Onu.
In visita a Roma per la seconda volta in due mesi, il segretario di Stato sarà ricevuto dal presidente del Consiglio Enrico Letta e dal ministro degli Esteri Emma Bonino. Al primo chiederà probabilmente aggiornamenti sulla fattibilità delle riforme istituzionali, sui progetti volti a portare l’Italia fuori dalla recessione e il Medio Oriente riaffiorerà tra gli argomenti sia con Letta sia con Bonino, ieri a colloquio con Livni. Sulla Siria il perno dell’attenzione americana si trova più a Est: è la Russia, tradizionale sostenitore del regime degli Assad. Per invitare il presidente Vladimir Putin a proseguire sulla via della conferenza di pace, domani lo raggiungerà a Sochi il premier britannico David Cameron. Controprova non brillante del pur spiegabile tatto di Washington per il Cremlino si è avuta ieri: prima di partire per Roma, a Mosca davanti a organizzazioni non governative Kerry ha evitato critiche sgradevoli a Putin sulle restrizioni alle libertà. Il nuovo dissenso si è sentito più solo. Poi sono stati annunciati altri 100 milioni di dollari di aiuti alla popolazione siriana.
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