
«Il paletto insuperabile resta quello del matrimonio. Andare oltre sarebbe eccessivo», afferma Paola Binetti a proposito dell’apertura di Bersani in tema di riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali. È un’affermazione che condividono, mi pare, tutti i cattolici, di destra, di centro, di sinistra. Anche quelli, pertanto, che stanno col e nel Pd. Con buona pace degli ultrà dello stesso partito i quali spingono, pure con una certa arroganza, per andare oltre. Costoro, nel loro “contributo” al documento discusso nell’ultima assemblea nazionale, hanno scritto che si deve «trarre dal pensiero femminile quell’interpretazione dell’uguaglianza che dalla differenza sa ricevere impulso e compiutezza» e, in riferimento a questo pensiero, ci hanno voluto ricordare i tanti paesi che hanno o si stanno avviando a riconoscere i matrimoni e le adozioni per coppie gay.
Se è per questo, viene da segnalare, il governo scozzese (ho letto su Europa) starebbe presentando un disegno di legge per l’equiparazione totale delle coppie omosessuali a quelle formate da uomo e donna, e alle stesse sarebbe concesso, nientemeno, il diritto di sposarsi in Chiesa. Una follia, evidentemente: lo Stato (o comunque suoi organi) s’impiccerebbe, in qualche misura, e s’imporrebbe sulla Chiesa in tema di fede e di sacramenti! Tornando al Pd, è ovvio che, in argomento, la sola strada percorribile è quella di una “ragionevole” mediazione tra “ultrà laici” (tra i quali alcuni sedicenti cattolici) e cattolici. Come ha cercato di fare, positivamente, l’apposito comitato incaricato di elaborare le linee sui diritti. A sostegno della legittimità del matrimonio omosessuale gli interessati respingono con forza il dubbio, di molti, che esso possa provocare nei bambini che crescono in quel tipo di famiglia una mutazione antropologica e un indebolimento della costruzione della loro identità sessuale.
Non sarebbe infatti, per i medesimi, l’orientamento sessuale del genitore a determinare quello dei figli e, in ogni caso, non sarebbe affatto dimostrato che i bambini, per crescere bene, abbiano bisogno di un “padre” e di una “madre”. In tv e sui giornali (anche la stampa “borghese” sta spingendo nella direzione del “matrimonio”) ci presentano esempi, improbabili, di bambini che i “genitori” dicono essere orgogliosi di avere due mamme o due babbi in luogo di una mamma e di un papà. Io non sono uno psicologo, ma mi domando come si possa fornire certezze così “positive” a riguardo di un fenomeno ancora (per fortuna?) poco, assai poco diffuso, nel mondo.
Quanto al riferimento al dettato costituzionale, pur non da esperto io non credo sia difficile immaginare che i costituenti, nello stabilire, all’articolo 29 della Carta, che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», pensassero anche alle nozze gay. Certo, il mondo si è poi evoluto, i cambiamenti sociali e culturali sono stati e sono straordinari, e l’attenzione ai diritti civili, per fortuna, è, cresciuta tantissimo.
Da cattolico (democratico) milanese mi piace però ricordare che, sulla questione dell’omosessualità, il Corriere della Sera ci ha riportato tempo fa il pensiero del cardinale Martini, sostanzialmente favorevole, a quanto si poteva capire, alle “unioni civili”. Una posizione straordinariamente innovativa, certo, all’interno della Chiesa. Il prelato ha però affermato anche che «Dio ci ha creato uomo e donna e perciò la dottrina morale tradizionale conserva delle buone ragioni su questo punto», e che lui sostiene il matrimonio “tradizionale”, con tutti i suoi valori”.
Nella situazione data, allora, tenendo d’occhio dunque il delicato tema dei rapporti interni al Partito democratico (che mantiene tuttora forti ragioni – che naturalmente vanno al di là di questa materia – per una simile unione politica) tra laici e cattolici, la posizione di Bindi & Co., condivisa dalla grande maggioranza, appare semplicemente saggia. Il tema delle coppie di fatto deve trovare una sua definizione legislativa, e non restare un fatto solo privato.
Va però negata in radice, come qualcuno ha scritto sulla stessa citata Europa, la possibilità di aprire al matrimonio omosessuale, mentre alla famiglia fondata sul matrimonio vanno riservate alcune prerogative fondamentali, tra le quali l’adozione. “Unione” ha da essere pertanto cosa diversa da “matrimonio”, con buona pace di chi c’invita ad annullare il «tabù sulle parole». Se poi gli ultras delle nozze tra omosessuali pensano, in materia, di costruire una maggioranza con Fini, Di Pietro e Grillo, oltre che con le componenti di destra favorevoli, si accomodino.
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