
17/09/10
Il Venerdì di Repubblica
Sono mesi che non guardo il Tg1. Ogni tanto, per lavoro, il giornale mi impone di guardare gli editoriali di Augusto Minzolini. Più che il contenuto, irrilevante (appena l'eco di Berlusconi), angoscia la messinscena. L'ha descritta Michele Serra in una delle sue geniali rubriche. «Uno studiolo plumbeo come quello di certi vecchi zii notai o avvocati in pensione... L'effetto inevitabile è di una presunzione semi-istituzionale, da nona o decima carica dello Stato, mancando solo il mappamondo e un corazziere, anche piccolo». È un tentativo nevrotico, disperato, di farsi prendere sul serio. In effetti, per chi conosce «Minzolo», è difficile prenderlo sul serio. Nel mestiere precedente, il giornalista, la sua qualità principale era una programmatica assenza di spirito critico. Ai direttori piaceva, come ai registi piacciono gli attori da plasmare. Lo mandavi a un congresso di partito e ti tornava di quel partito. Nel frattempo aveva registrato come un magnetofono un materiale prezioso, sia pure da sbobinare con un minimo di criterio. I suoi scoop erano le conversazioni confidenziali di uomini di potere che lo credevano ormai un militante. Era molto ossequioso con i direttori e gli editori, come tutti quelli che poi, una volta passati armi e bagagli al nemico, denunciano le persecuzioni subite per via dell'orribile egemonia culturale della sinistra nei giornali. Di quelli come Minzolini non è esatto dire che abbiano cambiato spesso idea. Non hanno mai avuto un'idea, ma un padrone. Al liceo il padroncino era il leader del movimento, quindi erano di estrema sinistra. Poi il padrone è diventato il capo politico del momento, quello che sembrava il vincente, il maschio Alfa. Quindi magari Berlinguer, ma poi Craxi, D'Alema e infine Berlusconi, il più solvibile, una volta liquidati i residui scrupoli. Vale anche per altri percorsi, politicamente diversi ma psicologicamente identici. Capezzone, per dire, non è un ex radicale ora al Pdl, ma semplicemente uno plagiato da Pannella prima e ora da un altro. Se Berlusconi fosse un moderno uomo di comunicazione di un Paese moderno non si servirebbe mai di questa gente. Chi volete convincere con un editoriale di Minzolini, un comunicato di Capezzone, un discorso di Verdini? Ma il messaggio non è «vi voglio convincere», piuttosto «dovete piegarvi». Il paradosso è che Berlusconi passerà e questi invece rimarranno, con un altro padrone, magari l'ex nemico. Funziona così la storia d'Italia, da secoli.
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