
16/11/10
Terra
Nel cuore dell’Italia ricca e industrializzata, nella tana di Berlusconi e della Lega, domenica si è scritta una pagina importante per il futuro dello schieramento che sfiderà il Pd alle prossime elezioni. Il dato saliente è che in occasione delle primarie per scegliere chi sfiderà Letizia Moratti tra sei mesi, il Pd è riuscito, ancora una volta, a sbagliare tutto, calando dall’alto un candidato che è stato bocciato dal suo stesso elettorato. Qualcuno ha frettolosamente catalogato la vittoria dell’ottimo Pisapia in "quota’ Vendola, una lettura errata e parziale. Eppure è innegabile che il governatore pugliese abbia almeno fatto l’endorsement della persona giusta. La partita milanese ora si apre e si complica. Milano sta vivendo una stagione di risveglio civile e sociale anche perché l’assoluto grigiore incompetente della Moratti ha suscitato il desiderio di riscossa in tanti milanesi, anche moderati. Prova ne sia la battaglia per i 5 referendum ambientalisti. Promossi dal trio infaticabile Cappato (Radicali), Fedrighini (Verdi) e Croci (Pdl), sono sostenuti da un arco amplissimo di associazioni (da Legambiente ai Genitori antismog e da tutti i candidati del centrosinistra). Per quanto Pisapia abbia tentato di evitarlo il sostegno di Vendola lo ha "marcato come candidato di sinistra, lasciando scoperta un fetta di elettori moderati. Questo quindi apre il campo, potenzialmente, all’ingresso di un terzo protagonista. Dall’esperienza referendaria potrebbe nascere uno schieramento liberal-ambientalista, una sorta di Milano Ecologie, che potrebbe rubare tanti voti all’alleanza Pdl-Lega e permettere a Pisapia di cen- trare il ballottaggio. L’impatto del caso Milano sulla politica nazionale è altrettanto incerto. Dopo la debacle pugliese e quella fiorentina, il flop di Milano rischia di incasellare definitivamente il Pd bersaniano tra gli "ostacoli" alla vittoria del centrosinistra, piuttosto che rappresentarne il suo perno centrale (l’unica candidatura "innovativa’, quella della Bonino nel Lazio, non fu decisa nel quartier generale del Pd). Bersani quindi può fare due cose: cercare di cogliere gli elementi di innovazione che gli offrono i suoi potenziali alleati con le loro culture "critiche" (Verdi, Radicali, Sel). Oppure può insistere in una deriva centrista e inseguire il terzo polo Casini-Fini-Rutelli. Un’area culturalmente davvero poco digeribile per tanti elettori del centrosinistra. E che con tutta probabilità lo porterebbe a evitare o, probabilmente, a perdere le primarie del centrosinistra. Due esiti che, a nostro avviso, andrebbero entrambi scongiurati.
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