
Gli italiani non godono di buona fama a livello europeo. A dire il vero, abbiamo fatto di tutto per finire così. Durante la Prima repubblica, mentre gli altri paesi mandavano a Bruxelles, per costruire l'Europa, la crema della loro dirigenza nazionale, noi, dall'Italia, piazzavamo in Belgio soprattutto uscieri, autisti e qualche dattilografa. I funzionari degli altri paesi erano normalmente e fluentemente multilingue. I pochi funzionari italiani (ad eccezione del top, spesso di assoluto valore) parlavano le lingue come Totò con il vigile in piazza del Duomo a Milano. I politici italiani sistemati a Bruxelles erano poi, quasi sempre, dei trombati alle elezioni italiane. Adesso li metterebbero, con loro soddisfazione, più vicino a casa, nelle multiutility. Era gente senz'arte nè parte. Essi inoltre erano solo bilingui, nel senso che parlavano il dialetto del paesello d'origine più un italiano di difficile decifrazione anche a casa nostra. Si arrivò al paradosso, vissuto con raccapriccio da tutti gli eurocrati, che un commissario italiano Ue (paracadutato a Bruxelles solo perché battuto alle elezioni) si dimise da commissario europeo perché aveva deciso di presentarsi alle successive elezioni in Italia. Con Monti, Bonino, Padoa Schioppa ed ora Draghi, la rappresentanza italiana in Europa si è saputa guadagnare, crescentemente, il rispetto degli eurocrati. Non a caso, adesso, Draghi viene lodato, addirittura nel fondo della prima pagina di ieri di le Monde (che è l'organo sciovinista dell'intellighenzia più sciovinista d'Europa) per essere “l'uomo che esibisce un elegante sorriso sommesso e una naturale cortesia che sono il suo modo per esibire calma e serenità anche in tempi procellosi”. Insomma Draghi viene da tutti vissuto come l'uomo roccia, quello a cui aggrapparsi e che, nello scorso mese di agosto, quando tutti prevedevano che sarebbe venuto giù l'intero teatro, ha saputo far arretrare la speculazione internazionale, dicendo che lui avrebbe usato tutte le munizioni monetarie sulle quale poteva contare. Le Monde oggi riconosce che «tenuto conto degli sforzi di risanamento condotti da Italia e Spagna, il differenziale dei tassi praticati sul loro debito e su quello tedesco, è irrazionale. Senza fondamenti macroeconomici seri». Sei mesi fa, parole simili, su Le Monde, sarebbero state impossibili. Poi aggiunge: «Infine, questo differenziale è la negazione stessa della moneta unica». Questo è l'abbatti spread che serve. È rappresentato dall'opinione delle classi dirigenti nazionali d'èlite che iniziano a considerarsi europee e a superare gli stereotipi, guardando alla sostanza dei comportamenti.
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