
Carceri, ok ma si può fare di più, dice sostanzialmente Andrea Orlando su Europa; che suggerisce di accompagnare i primi provvedimenti varati dal governo rivedendo «alcune leggi frutto della politica della paura, a partire dalla cosiddetta ex Cirielli»; si potrebbero aggiungere anche la Bossi-Fini sugli extracomunitari, e la Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze. Vincenzo Muccioli, che certo non era antiproibizionista, su una cosa almeno concordava con Marco Pannella: «Marco su questo siamo d'accordo: il tossicodipendente in carcere, mai».
Le misure adottate accolte con favore dal Pd, lasciano perplessi il PdL, fanno gridare allo scandalo la Lega; e in singolare coincidenza, sono più o meno le stesse parole pronunciate dagli esponenti dell'Italia dei Valori. Tutto questo perché si sta studiando un provvedimento che consentirebbe a tremila detenuti circa, che hanno scontato ormai quasi tutta la loro pena in carcere, di scontare il residuo nientemeno che agli arresti domiciliaci!
Bossi e Di Pietro sono già in campagna elettorale, e non nascondono di voler fare leva sulla pancia e gli istinti primordiali della pubblica opinione, gridano allo scandalo e suonano la grancassa dell'allarmismo sociale, dimentichi che il precedente, analogo provvedimento ha dato risultati positivi; e che anche l'indulto non ha provocato i tanto temuti ed evocati sfracelli, come ben documentano le inchieste e gli studi specialistici condotti dall'università di Torino. Come dice il detto popolare, ogni botte dà il vino che ha.
Nel frattempo, nelle nostre prigioni si continua a morire. Gli ultimi quattro casi di detenuti suicidi a Taranto, Busto Arsizio, Civitavecchia, Napoli. Uno sarebbe dovuto uscire tra un mese, ma non è riuscito ad aspettare il "fine pena" e ha così deciso di farla finita...
Ma non solo il carcere e i suoi mille problemi. Al Corriere della Sera il neo-ministro della giustizia Severino svela quello che dice essere un suo «sogno nel cassetto: che un processo civile duri al massimo tre anni. Un termine ragionevole per risolvere controversie anche complesse. In questo modo l'Italia si adeguerebbe alla media dell'Unione europea. Solo così saremo in grado di dare certezze agli operatori economici e agli investitori stranieri che sono spaventati dall'assenza di regole e di tempi certi». Il ministro tocca quello che è un po' il cuore del problema, perché, come non ci si stancherà mai di dire, non esiste solo il problema delle carceri.
La questione (di cui le carceri, per usare l'espressione cara a Marco Pannella, è un'appendice) è quella della giustizia.
La «prepotente urgenza» evocata dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano sono i circa 150mila i processi che ogni anno vengono chiusi per scadenza dei termini. Una sorta di impunità anche per reati gravi, come l'omicidio colposo. La giustizia, i magistrati, stanno soffocando sommersi dai fascicoli, al punto che molti procuratori rinunciano ai giudizi. E le cose sono destinate a peggiorare. Per reati come la corruzione o la truffa, c'è ormai la certezza dell'impunità. Nel 2008, 154.665 procedimenti archiviati per prescrizione; nel 2009 altri 143.825. Nel 2010 circa 170mila. Quest'anno si calcola che si possa arrivare a circa 200mi1a prescrizioni. Ogni giorno almeno 410 processi vanno in fumo, ogni mese 12.500 casi finiscono in nulla.
I tempi del processo sono surreali: in Cassazione si è passati dai 239 giorni del 2006 ai 266 del 2008; in tribunale da 261 giorni a 288; in procura da 458 a 475 giorni. Spesso ci vogliono nove mesi perché un fascicolo passi dal tribunale alla corte d'appello. Intanto i reati scadono e c'è la quasi certezza di scamparla per corruzione, ricettazione, truffa, omicidio colposo. A Roma e nel Lazio, per esempio, quasi tutti i casi di abusivismo edilizio si spegneranno senza condanna, gli autori sono destinati a farla franca. A Milano nel 2010 l'accumulo è cresciuto del 45 per cento, significa più di 800 processi l'anno che vanno a farsi benedire. Nel solo Veneto si contano 83mila pratiche abbandonate in una discarica dove marciscono tremila processi l'anno.
È un'amnistia mascherata, clandestina (perché si finge non ci sia) e di classe: perché ne beneficia solo chi ha un buon avvocato che sa come dribblare tra le leggi e i codici, o chi ha "amici". Nella rete ci finiscono così i poveri diavoli, gente che si fa difendere dall'avvocato d'ufficio, come gli extra-comunitari. È giusto? Oppure, a questo punto, meglio non sarebbe fare un'amnistia alla luce del sole, con "paletti" certi, guadagnare sei-sette mesi, consentire ai magistrati di ricominciare da zero, e nel frattempo metter mano alle indispensabili riforme? Chi non è favorevole all'amnistia dovrebbe accompagnare questo suo NO con proposte concrete, a costo zero o quasi, e soprattutto di rapida adozione che consentano di conseguire lo stesso risultato.
Perché la situazione ha oltrepassato da tempo il livello di guardia: è una situazione, solo per quel che riguarda il caos regnante nella giustizia civile, che costa al contribuente - lo stima un rapporto della Banca d'Italia - qualcosa come 20 miliardi di euro l'anno. Altro che Finanziaria! Per non parlare del fatto, come opportunamente osserva il ministro Severino, che in una situazione del genere, non c'è nessun imprenditore straniero che si azzarda a fare investimenti e "impresa" nel nostro paese.
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