
03/12/10
Liberal
«Vedremo se il Terzo polo voterà compatto la sfiducia, il futuro riposa sulle ginocchia di Giove». Maroni, che ci aveva abituato all’evangelico «sì sì, no no», in questi giorni è stranamente sibillino e butta li frasi che hanno bisogno del traduttore padano. E, infatti, il seguito ha causato alcune fibrillazioni in Transatlantico: «Lasciamo un po’ di suspence - ha aggiunto - oggi in Aula si è visto plasticamente il quadro di una possibile nuova maggioranza». Quella del ministro, in realtà, era probabilmente una battuta che si riferiva alla larghissima maggioranza che ha approvato ieri il suo decreto sicurezza: a favore hanno votato Pdl, Lega, Fli, Udc, Idv e Api, mentre il Pd ha preferito astenersi. Roba da governo di unità nazionale e tutto grazie al Bobo varesino: tutti a ringraziarlo, prima del voto finale, per l’ottimo compromesso trovato sui "sindaci sceriffi", a elogiarne l’abilità diplomatica e lo spirito costruttivo. Non è che Maroni è il vero cavallo delle opposizioni per il dopo-Silvio? Un po’ scherzando e un po’ no ieri lo sosteneva, con l’aria di fare una semplice previsione, anche un finiano (peraltro sempre citato tra i moderati): «I presidenti delle Camere non si può, i due nemici Letta e Tremonti si elidono a vicenda anche perché Berlusconi li ha scoperti, gli unici che hanno già tradito sono i leghisti e chi meglio di un titolare dell’Interno, peraltro assai benvoluto, per fare il premier in un governo istituzionale?».
Il ragionamento non fa una piega e non viene inficiato nemmeno dal comunicato con cui i capigruppo del Carroccio Reguzzoni e Bricolo, ispirati da Bossi, hanno schierato ieri la Lega dietro il Cavaliere: «È un grave errore politico la decisione di Fini di presentare una mozione di sfiducia. Il 14 dicembre la Lega voterà coerentemente la fiducia al governo e al presidente Berlusconi». Quel che conta, però, è ciò che succederà il 15 dicembre, o anche prima se il premier dovesse rendersi conto di essere al capolinea e decidere di gestire la crisi anziché esserne travolto. Cosa farà, però, al momento non lo sa neanche lui: l’unica cosa che gli interessa è apparire giovane e sano, come dimostra il fuoco di fila di comunicati partiti da palazzo Chigi per smentire i report sulla sua "debolezza" scritti dall’ex ambasciatore Usa Spogli. Quanto alla politica, all’interno del Pdl ci sono almeno quattro linee. Quella, per semplificare, La Russa-Santanchè-Sallusti, altrimenti definibile del "ridotto in Valtellina". Programma: resistere fino alla morte. «Escludo che Berlusconi possa dimettersi prima del 14», ha messo le mani avanti ieri il ministro della Difesa, dopo aver tentato di far credere al Cavaliere di avere in mano i 6 deputati radicali. Di più: «È determinato a chiedere la fiducia alla Camera e al Senato». C’è poi la tendenza Gianni Letta: trattare su tutto, Berlusconi bis e nuova maggioranza con l’Udc, l’Api, il ritorno di Lombardo e chiunque abbia qualcosa da portare. E se proprio non si può fare col Cavaliere a palazzo Chigi, allora bisognerà convincere il tycoon che l’unica alternativa sensata a lui è lo stesso Letta, il suo Gran Visir. «Parliamoci chiaro - spiega un deputato Pd vicino a Enrico Letta - lo zio Gianni è l’unico in grado di sostituire adesso Berlusconi senza il rischio di una guerra civile innescata dal Cavaliere grazie al battage delle sue tv e dei suoi giornali».
La terza via è una via di tentazioni a cui mai s’è ceduto fino in fondo, di desideri che si fatica persino a portare a coscienza, di occasioni mai raccolte. È la strada di Tremonti e dunque, in qualche misura, anche quella di Bossi (ma non, par di capire, di Maroni): il ministro dell’Economia (insieme a quello dell’Interno) è uno dei nomi suggeriti da Fini al Cavaliere per la sua sostituzione a palazzo Chigi. Sarebbe perfetto: ha l’appoggio della Lega a cui negli anni ha fatto più di un regalo, è inspiegabilmente diventato una sorta di guru anche per pezzi di sinistra radicale e vecchia destra sociale come ideologo antimercatista, tutta Europa ne parla bene e, nel contesto di crisi economica, è naturaliter in pole position per guidare un governo di responsabilità nazionale. Difficilmente, però, troverà il coraggio. I più giovani, tra i pretoriani di Berlusconi, coltivano però quella che sarebbe eccessivo chiamare linea politica, la quarta nel Pdl, diciamo che coltivano un desiderio, un retropensiero: che il Cavaliere indichi subito non un successore, ma un successore tout court, nella persona di Alfano, giurista siculo. In questo bailamme, il partito è ormai l’arena di ogni galletto: ieri, per dire, il Pdl ha auto-affossato l’Agenzia per la sicurezza nucleare. Uno dei candidati - il capo di gabinetto del ministro dell’Ambiente Prestigiacomo - è stato bocciato per ben due volte nelle votazioni delle commissioni competenti. «Una vendetta degli scajoliani», spiegano nel partito, «per via dei vecchi contrasti proprio sul nucleare tra l’ex ministro e la Prestigiacomo». L’Agenzia, a questo punto, è rinviata almeno a gennaio, praticamente quasi a mai più, mentre quegli ex An inizialmente tentati da Fli - diciamo il gruppo del senatore Augello - già pensa a parlare con Berlusconi di garanzie per i futuri posti in lista delle prossime elezioni.
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