
28/01/11
Il Fatto Quotidiano
I medici la vanno a visitare perché è quasi un caso di scuola: due sindromi rare nello stesso corpo, costretto a letto da anni e attaccato a un respiratore. Ma Marina Garaventa è tutto fuorché una donna rassegnata: "Finché riesco a comunicare, sono viva!". E infatti Marina comunica col mondo attraverso il pc, usa le mani, pur con difficoltà, per digitare pensieri, speranze, arrabbiature. Una volta, quando un giovane medico le chiese cosa le mancasse di più, proiettato sul video, nella sua stanza in Valle Scrivia, venne fuori un verbo: scopare.
Marina Garaventa, genovese di nascita, ha 50 anni e appartiene a una famiglia di artisti. "In casa mia non si fa che cantare", scrive sul suo blog (principessasulpisello.wordpress.com). È affetta dalla nascita dalla Sindrome di Elhers-Danlos, una patologia rarissima, che ha colpito - nel suo caso - l’apparato muscolo-scheletrico e i legamenti: quindi scoliosi grave, difficoltà a muovere gli occhi, difficoltà a masticare, lassità dei legamenti. Quindici interventi chirurgici, ma una vita, fino a 42 anni, più o meno normale: consigliere alla Comunità montana Alta Valle Scrivia, docente universitaria, presidente di un’associazione musicale, "felicemente separata e già legata a un nuovo amore". Poi, però, nel 2002, la seconda "sfiga": Marina viene colpita dalla Sindrome di Guillain-Barrè, una patologia che attacca i nervi periferici e che le ha paralizzato gambe, diaframma e nervo uditivo. "Io sono guarita - ci racconta attraverso le email - però i miei muscoli sono rimasti troppo deboli, anche per respirare. Nel mio iter ospedaliero ho provato di tutto: ventilatore, catetere, pompa per le piaghe da decubito, nutrizione per via addominale. Ogni volta i medici chiedevano il mio assenso. Io ho sempre detto sì, altri han detto di no".
Già, perché la questione, per Marina, è proprio questa: "Io non staccherei mai le macchine perché amo la vita e ho capito che, finché siamo in grado di dare e ricevere amore, siamo ancora persone degne di vivere. Io lotto, ma se - come Welby - non fossi più in grado di comunicare, vorrei essere libera di decidere". Nel caos di queste settimane, col governo e il Paese bloccati dai festini di Arcore, il Parlamento ha trovato comunque il tempo di calendarizzare il testamento biologico per i primi giorni di febbraio. Marina invece non ne può più di sentire i politici che discutono di questioni che neanche conoscono: "Chiedo loro di ascoltare la voce dei malati che, soli, possono dire una parola sulla morte, con la quale si confrontano ogni giorno. Le risposte sono serie e controverse, ma sono sicura che, in ognuno, la consapevolezza di essere liberi di scegliere rafforzerà l’attaccamento alla vita. Solo in piena libertà ognuno potrà apprezzare i più piccoli doni che la vita può ancora dargli e continuerà la sua lotta contro la morte".
La "principessa sul pisello" ("perché vivo su tanti cuscini e anche perché per gli amici sono sempre stata Princy") vive nella sua "Villa Arzilla" assieme alla famiglia, due genitori "anziani ma tosti" e il suo compagno, e ha costante bisogno di assistenza.
Ogni mattina un’infermiera le cambia i filtri del respiratore e fa la medicazione alla tracheostomia, poi c’è la fisioterapia, il massaggio. "Ho bisogno che, ogni tanto, mi si aspiri il muco dai bronchi", racconta Marina. Non è certo un’esistenza facile, ma lei si sente fortunata. "Dopo i primi momenti di ira, ho incominciato ad interrogarmi sulla morte e sul fatto che la tecnologia permette ai medici di prolungare la nostra vita. Ma i malati come me, come Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro, sono già morti! Sono morti il giorno in cui il loro corpo ha ‘deciso’ di smettere di funzionare e hanno ricevuto dalla tecnologia il regalo di un prolungamento dell’esistenza. Ma come tutti i regali, anche questo vuole essere contraccambiato con una merce altrettanto preziosa: una sofferenza fisica e morale che solo una grande forza di volontà può sopportare". Marina torna sul testamento biologico: "Seguendo la Costituzione, sarebbero sufficienti dei registri comunali ove depositare le proprie volontà. Qui non stiamo parlando di eutanasia, alla quale io sono contraria, ma d’interruzione delle cure. Tutti oggi parlano e si dividono tra ‘pro-vita’ e ‘pro-morte’: emerite stupidaggini che per calcolo politico o ignoranza, possono influire su una legge che, se mal formulata, potrebbe ledere fortemente la nostra libertà".
© 2011 Il Fatto Quotidiano. Tutti i diritti riservati