
Alle tre del pomeriggio, nel parco dell’ambasciata, si mettono all’ombra di un ulivo. Massimiliano Latorre è in divisa, stringe i guanti in una mano, nessuna espressione, né deluso né sollevato. Ascolta l’ambasciatore Daniele Mancini che ha appena chiuso una lunga telefonata con il ministro degli Esteri Emma Bonino, ascolta sull’attenti l’inviato del governo Staffan De Mistura. Poi con Salvatore Girone quasi li scorta davanti a microfoni e telecamere. L’udienza della Corte Suprema si è chiusa da quattro ore, decisione rinviata. È la 25° volta in due anni. Appuntamento a lunedì prossimo. Ma non sembra sia andata così male. Qualcosa si muove, o si smuove. E un primo segnale arriva proprio dai venti minuti di udienza, in un’aula grande come metà campo da tennis, una folla di avvocati in attesa delle altre 59 cause, il presidente Bs Chauhan in cima allo scranno, l’impianto audio che non funziona. Comincia il procuratore generale Goolam Vanvahati e chiede tempo, altro tempo, almeno due settimane per definire le accuse «nei confronti dei contractors». E qui si alza la toga di Mukul Rohatgi, avvocato dell’ambasciata italiana, che ha al fianco De Mistura. «Ma come "contractors"! Non sono di una polizia privata, sono militari italiani e cittadini europei!». È la prima volta, dopo le lungaggini e i troppi rinvii, che De Mistura è in aula e l’avvocato alza la voce. Chiede il rientro in Italia di Latorre e Girone, in attesa di un processo «con accuse precise». Il procuratore lo sfida: «Ma se l’ultima volta che sono rientrati in patria non volevano più tornare!». Rohatgi rialza toga e voce: «Ma sono tornati! E sono tornati nei tempi stabiliti. È questo che conta!». Il presidente assiste ai dieci minuti di duello, altri dieci per ascoltare la ragioni di Rohatgi e infine liquida il procuratore con modo e toni spicci: «Adesso basta. Vi concedo il rinvio di un’altra settimana. Ma non di più». Per De Mistura questo è un «ultimatum», un buon punto da metter via. Ma ce n’è un altro in arrivo.
Ci sono i reporter indiani che aspettano in sala stampa, che poi sarebbe il prato di fronte alla Corte Suprema, tra scoiattoli dalla coda corta che scendono dalle piante, poiane e corvi che svolazzano, venditori ambulanti di tè. Ci sono 38 telecamere pronte, mai così tante. Una bella sorpresa, per De Mistura. Che ne approfitta per elogiare la Suprema Corte, «organo indipendente»: non come la procura che è di nomina politica. E a una domanda risponde con la sua domanda: «Se la procura vuole il processo per terrorismo ai nostri due marines vuol dire che l’Italia è considerata un Paese terrorista?». Più tardi, in ambasciata, racconterà del suo incontro in aula con il procuratore Vanvahati. «Un colloquio franco e schietto. Una conversazione che un giorno racconterò...». Non dice, non può dire che poteva andare peggio e forse si sta mettendo bene. «Ci auguriamo che continui la "diplomazia di pressione" dall’Italia e non solo dall’Italia. L’obiettivo resta l’esclusione della legge anti-terrorismo che prevede la pena di morte e il rientro dei nostri soldati al più presto. Rappresentano l’Italia e l’Italia sta perdendo la pazienza». È quel che farà capire anche il premier Enrico Letta da Doha: «Sono due anni che aspettiamo, non c’è più tempo per rinvii. Che questa sia la settimana finale». Nelle pagine Internet dei quotidiani indiani la notizia del 25° rinvio si trova a fatica, non è tra le prime trenta. Ma da ieri sono ripresi i rumors che vogliono il procuratore generale, e dunque il governo che lo nomina, in un qualche evidente affanno.
La richiesta di rinvio, «almeno un paio di settimane», nasconderebbe la decisione di non procedere più in base alla Sua Act, la legge antiterrorismo. Ma come giustificare il dietrofront? E poi come istruire il processo? E come trattenere ancora i due marò, dopo due anni di nulla, né un capo d’accusa, un atto, una contestazione? Rumors continuati fino a notte e non confermati. Non è la prima volta, potrebbe esser l’ultima. De Mistura, a sera, prende atto e aspetta di leggere reazioni e media indiani. «Al momento sono illazioni. Conta solo una decisione ufficiale del governo. Diciamo che se fosse una dichiarazione del ministro dell’Interno ad annunciare la rinuncia alla Sua Act la prenderei con interesse». Cautela fino a lunedì. E tenersi a giusta distanza dall’India che andrà a votare a maggio. «Noi vogliamo chiudere questa vicenda prima delle elezioni», dice De Mistura. Anche se non sarà lunedì prossimo. «Non è detto che sia decisiva». Potrebbero arrivare richieste di garanzia al governo italiano. Liberati dall’accusa di terrorismo Latorre e Girone tornino pure a casa. Ma siano qui per il processo.
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