
L’Italia ha deciso di adoperare gli atti giudiziari dei tribunali indiani per portare a livello internazionale il caso dei due fucilieri di Marina bloccati da 2 anni in India. È questo il senso della giornata di ieri, quella in cui il procuratore generale indiano (come previsto) ha chiesto di applicare la legge anti-terrorismo al caso dei due marò. La Corte suprema ha chiesto una settimana di tempo per decidere: il giudice che aveva in carico il caso è stato affiancato da una collega che aveva già esaminato come giudice a latere la questione-marò in una fase precedente: decideranno entro il 1 8 febbraio. Una richiesta che l’Italia giudica semplicemente «inaccettabile, sproporzionata e incomprensibile» (Enrico Letta). La richiesta è stata fatta alla Corte suprema per poter adoperare il "Sua Act", una legge anti-terrorismo che prevede anche la pena di morte. Ma, proprio per evitare la pena capitale (come il governo indiano si era impegnato a fare con quello italiano), il procuratore ha chiesto che si applichi il Sua Act, ma escludendo gli articoli che prevedono la pena di morte: sarebbe contestato quindi il reato di "violenza", ma non quello di "omicidio", per cui la pena potrebbe essere al massimo di 10 anni.
Il ricorso a una legge antiterrorismo per due funzionari dello stato italiano chiaramente è inaccettabile per il governo e i partiti politici italiani. Una linea che era già stata concordata con il legale indiano che difende i due sottufficiali. In aula, a New Delhi, l’avvocato Mukul Rohatgi ieri ha presentato una memoria contro l’applicazione del Sua Act: «Sono dipendenti della Marina militare e non pirati. Non possono essere giudicati in base alla legge antipirateria, e anzi chiediamo che in attesa del processo possano tornare a casa». A Roma il governo era pronto a reagire. Il primo è stato Enrico Letta che con un comunicato da Palazzo Chigi ha sostenuto «inaccettabile, sproporzionata e incomprensibile l’imputazione proposta dalle autorità indiane». Per Letta l’uso del concetto di terrorismo è da respingere in toto «perché assimila l’incidente a un atto di terrorismo e l’Italia non è un Paese terrorista». Per questo, ha assicurato, «Italia e Ue reagiranno». A New Delhi l’inviato del governo italiano Staffan de Mistura è stato affiancato per una giornata dal ministro della Difesa Mario Mauro, che è volato nella notte in India per "mostrare la bandiera" del suo ministero al fianco dei due marinai.
Ma il lavoro più concreto potrebbe averlo fatto a Bruxelles Emma Bonino: proprio ieri infatti nella capitale europea era previsto un Consiglio affari generali dei ministri degli Esteri della Ue. Non era previsto formalmente un capitolo "India-Italia", ma la notizia della richiesta indiana è arrivata sui tavoli di tutti i ministri mentre la riunione era in corso. La Bonino, dopo mesi di attesa in cui si era tentato di risolvere il caso bilateralmente, da tempo ha iniziato a costruire consenso dei partner europei al fianco delle ragioni italiane. E infatti per la prima volta il "ministro degli Esteri" della Ue Chaterine Ashton ha fatto una dichiarazione molto esplicita: «Quello che mi preoccupa di più è che la legislazione che viene utilizzata faccia riferimento al reato di terrorismo, che ha implicazioni molto grandi per l’Italia e per i Paesi impegnati in operazioni antipirateria. Siamo molto preoccupati. E’ un’accusa inaccettabile». Parole che hanno soddisfatto Emma Bonino: «L’alleanza che abbiamo costruito in questi mesi è solida ha commentato il ministro degli Esteri -. La reazione della Ashton è stata molto dura e determinata, con un appello agli Stati membri di mettere in atto tutti gli strumenti possibili».
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