
Le autorità europee hanno imposto agli Stati membri di calcolare nel Pil alcune attività illegali, come il commercio di droga, la prostituzione e il contrabbando. Mentre raccoglievo le idee per un pezzo su questo tema, mi sono messo nei panni di un rilevatore dell’Istat. Sono sceso per strada sotto il mio albergo milanese e ho intervistato una prostituta. Il mio campione statistico è esiguo, eppure dopo questa conversazione sono ancora più convinto che la novità contabile renderà le stime del Pil meno credibili, oltre a dimostrare che i funzionari di Bruxelles non sanno come funzionano i mercati illegali. Di notte, lungo Viale Abruzzi, si possono incrociare una decina di lavoratrici distribuite su circa un chilometro. Alcune provengono dall’Africa, mentre altre sembrano europee. C’è chi sta piantata in mezzo alla strada rischiando di essere investita e chi quasi si nasconde dietro un chiosco di bibite e panini che spara a tutto volume la canzone di Patti Smith «Because the night belongs to lovers». Vista la serata un po’ fiacca, Marina accetta di rispondere alle mie domande.
Viene dall’Europa dell’Est e, come me, parla russo. Vive con la figlia di otto anni nella capitale lombarda da circa due anni. Segno di questa permanenza è un improbabile e un po’ ridicolo accento milanese. Mi racconta la sua giornata lavorativa: esce alle undici di notte e torna a casa verso le cinque di mattina. I prezzi sono standard: 30 euro per il servizio base, 60 per chi vuole mezz’ora. Gli incontri avvengono in macchina, ma è possibile usare un appartamento lì vicino, che le serve anche come base per cambiarsi. Su sei ore, è impegnata al massimo quattro, nei giorni migliori. Dovrebbe quindi guadagnare circa 480 euro a notte. Se lavora venti giorni al mese, arriva ad incassare 9600 euro. Contando tre mesi di vacanza, si arriva a più di 80.000 euro l’anno. Una cifra ragguardevole, nel segmento più povero dell’intero sistema. È comprensibile che le autorità europee vogliano tener conto di questa attività. Dopo tutto, sapere che una parte del reddito nazionale viene speso per servizi sessuali piuttosto che investito o risparmiato, dovrebbe produrre politiche economiche più coerenti con la realtà. Quello che sembra un semplice esercizio di stima produce invece risultati paradossali.
Il nuovo sistema contabile impone di includere solo le transazioni senza alcuna coercizione, come se per i signori di Bruxelles la violenza non albergasse nei mercati illegali. Di certo i clienti di Marina non sono costretti a comprare i suoi servizi, ma è possibile che lei sia costretta a venderli oppure a pagare un pizzo. Non più tardi del febbraio di quest’anno la polizia ha sgominato un’organizzazione dedita allo sfruttamento della prostituzione proprio in Viale Abruzzi. Due fratelli albanesi facevano arrivare le ragazze dall’Est e dal Nord Africa, a volte con promesse di un impiego legale, e poi le mandavano a lavorare su quella strada, con istruzioni precise sulle tariffe, su come vestirsi e su come rispondere alle forze dell’ordine. L’organizzazione disponeva di appartamenti affittati da cittadini italiani in zona Città Studi. Solo un economista nato nel diciannovesimo secolo potrebbe credere all’esistenza di una mano invisibile che posiziona le lavoratrici del sesso a circa cento metri l’una dall’altra e senza conflitti di sorta, che prezzi standardizzati emergano in maniera magica, e che si possa facilmente distinguere la coercizione dalla libera scelta. Esiste, al contrario, una forza ben visibile che organizza gli scambi e il lavoro.
Dall’indagine di febbraio emerse, per esempio, che due membri dell’organizzazione accompagnavano le donne in strada ed erano pronti ad intervenire in caso di necessità. Le lavoratrici sono costrette a pagare questa protezione, ma nel momento in cui il cliente compra il servizio sessuale non vi è coercizione. È legittimo o meno contabilizzare solo la transazione finale e non la violenza a monte? Per coerenza, il nuovo Pil dovrebbe includere anche i servizi forniti dalle mafie, che rendono i mercati illegali più efficienti e sicuri. Le mafie governano questi ambiti con la violenza, senza rispetto per la giustizia e i diritti, ma producono ricchezza per alcuni (se il Messico contabilizzasse il traffico di droga, per esempio, il Pil di quel Paese crescerebbe in maniera esponenziale).
Il tempo a mia disposizione è scaduto. Marina sta per lasciare il tavolo del chiosco. Prima di salutarmi, mi chiede se sono nella posizione di assumere qualcuno. Purtroppo no, posso solo ascoltare. Delusa, si allontana in direzione della metro Loreto. Anche la canzone di Patti Smith è finita. Mentre torno al mio articolo, penso che la notte di Marina non appartiene agli amanti, ma alla contabilità nazionale.
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