
05/01/11
Il Riformista
Più di mille ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo per «trattamento inumano e degradante». Presentati da detenuti, reclusi nelle carceri nostrane. Una notizia che rinvigorisce quella parte politica che in queste ore sta facendo quadrato intorno a Lula e alla sua decisione di non estradare l’ex terrorista Cesare Battisti per non relegarlo nelle galere italiane. «Celle strapiene, condizioni igienico-sanitarie pessime, assenza di spazi e ore di svago. Il reinserimento professionale e sociale? Un miraggio. I penitenziari italiani sono incivili e illegali. Il sovraffollamento disumano», dichiara la deputata radicale Rita Bernardini. «Far stare - aggiunge - detenuti in cella ventidue ore al giorno senza dar loro la possibilità di lavorare per poter guadagnare e costruirsi un’opportunità per quando escono, non corrisponde a criteri di giustizia». L’articolo 27 della Costituzione, che stabilisce la presunzione d’innocenza fino a condanna definitiva, l’umanità e il fine rieducativo delle pene, rimane un sogno irrealizzabile per la maggior parte dei reclusi. E ora c’è il fantasma di Izet Sulejmanovic che aleggia per il Ministero della Giustizia, pronto a mettere mano al portafogli in caso di nuove condanne. Sono infatti più di mille i ricorsi fatti dai detenuti, rinchiusi nei nostri penitenziari, alla Corte europea per i diritti dell’uomo che nell’estate 2009 ha sanzionato l’Italia a risarcire proprio il bosniaco per essere stato costretto, durante la sua detenzione nel carcere romano di Rebibbia, a vivere in uno «spazio personale» inferiore ai tre metri quadrati. Risarcimento quantificato in mille euro per «trattamento inumano e degradante» che viola l’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. La vivibilità minima si misura in termini di spazi assegnati a ogni detenuto, sulla carta sette ma Strasburgo condanna nel caso non si arrivi nemmeno alla soglia di tre, tempo quotidiano che si può trascorrere fuori dalla cella e accesso alla luce e all’aria.
Il precedente di Sulejmanovic ha fatto scuola nelle carceri italiane, dove la situazione dall’estate 2009 è solo che peggiorata. In primis il problema del sovraffollamento: i reclusi hanno superato da poco la soglia dei 69mila, di fronte ad una capienza di posti letto di 44.874. Mai così tanti dal ‘45 ad oggi. I tossicodipendenti sono quasi 20mila, mentre gli immigrati sono circa 26mila. Poco meno del 50 per cento quelli in attesa di giudizio. In base ai dati Istat, il picco del sovraffollamento è in Emilia Romagna dove sono 188 i detenuti ogni 100 posti letto, mentre si sta meglio nei penitenziari della Sardegna dove la media scende a 118. E la popolazione carceraria cresce di 400 unità al mese. «L’attuale gestione del sistema penitenziario è fuori legge, per la giustizia e la legalità non ci resta che appellarci all’Europa» sentenzia Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. Una delle associazioni che dopo il caso di Sulejmanovic si è messa a disposizione dei detenuti per organizzare i ricorsi. Le altre principali sono Ristretti Orizzonti e il Comitato radicale per la giustizia Piero Calamandrei.
La Corte dovrebbe esprimersi entro gennaio e si rischia che per l’Italia non arrivino buone notizie: Salujmanovic è stato risarcito con mille euro per una detenzione di soli cinque mesi, tra i ricorrenti adesso ci sono persone in cella da anni e anni. Il governo potrebbe arrivare a pagare anche un milione di euro. «E non tutti i detenuti si appellano a Strasburgo perché hanno paura di ritorsioni», fanno sapere ancora i radicali. Secondo i calcoli delle associazioni ben l’80 per cento dei reclusi potrebbe appellarsi alla Cedu perché soggiorna in condizioni non idonee alla Convenzione Europea. Nelle grandi città si vivono le realtà più difficili: Regina Coeli a Roma, Poggio Reale a Napoli, San Vittore a Milano, Ucciardone a Palermo, solo per citarne alcuni. Intanto, come riferisce il Dap, il piano di edilizia penitenziaria per la costruzione di nuovi padiglioni, all’interno di carceri già esistenti, e di nuovi istituti entro fine 2012 (per un totale di 17.891 posti in più e un costo complessivo di 1 miliardo e 600 milioni di euro) è in forte ritardo per la mancanza di copertura finanziaria. In attesa del prossimo ricorso perso a Strasburgo.
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