
E pensare che la Rete si era scatenata contro Micaela Biancofiore. L’«amazzone azzura» era colpevole di aver creato un sito - berlusconialquirinale.org - nel quale compariva il sondaggio «vuoi anche tu Silvio Berlusconi presidente della Repubblica?» con due risposte possibili: «Sì» oppure «Sottoscrivo con firma qui sotto!». Il funzionamento delle «Quirinarie» del Movimento 5 Stelle, però, non si discosta granché dall’iniziativa della parlamentare Pdl. Apparentemente i militanti abilitati possono votare liberamente uno dei nove candidati.
In realtà, però, a indirizzare l’esito della consultazione ci hanno pensato gli stessi ideologhi della «democrazia diretta»: Gianroberto Casaleggio, Beppe Grillo e Paolo Becchi. Intervenuti a gamba tesa nel corso della consultazione per catechizzare i propri seguaci: «votate per chi vi pare - il senso delle loro parole - ma non per Prodi e la Bonino». Il primo a violare la regola aurea del silenzio elettorale era stato Grillo. Dopo aver ritirato il suo nome dalla lista dei dieci finalisti arrivati al secondo turno delle «Quirinale», il comico intorno alle 14 ha pubblicato sul suo blog un lungo intervento in video di Marco Travaglio, nel quale il vicedirettore de Il Fatto passava in rassegna tutti i possibili candidati al Colle stroncandoli uno ad uno. Parole di fuoco contro i vari D’Alema, Finocchiaro, Violante, Amato e Letta. Ma anche contro i dieci più votati dai militanti al primo turno. «Grillo e Fo si sono già tirati fuori», «Gabanelli e Caselli non so se sarebbero disponibili», «Prodi è il simbolo della moneta unica che voi contestate», «Gino Strada fa un mestiere diverso», «Rodotà e Imposimato sono troppo avanti con gli anni», «la Bonino è stata berlusconiana per troppo tempo». Rimaneva giusto Gustavo Zagrebelsky, del quale, ammetteva Travaglio, «non sono stato capace di trovare alcuna controindicazione in Rete». Giusto il tempo di guardare i quasi 48 minuti di filmato che arrivava il diktat del guru del Movimento. A margine dell’incontro con gli imprenditori del gruppo ConfApri, in quel di Torino, Casaleggio disegnava l’identikit del futuro inquilino del Quirinale: «Il presidente deve essere super partes - ammoniva il cofondatore del M5S possibilmente non politico e che rappresenti tutti gli italiani». No, quindi, a esponenti compromessi con la partitocrazia come Prodi e Bonino. Salvo poi specificare che «noi ci rimettiamo sempre alle decisioni del movimento. Se la maggior parte del movimento dovesse votare per Prodi o per un’altra persona, sarà lui».
Chi invece si dimostra meno sensibile alla volontà dei militanti è Paolo Becchi, professore di Filosofia del diritto e ideologo dei grillini. «Se il nome scelto fosse Prodi io scompaio dalla circolazione» minaccia, perché l’ex premier «è la negazione dello spirito del M5S». Di più: «Se uscisse il suo nome non sarei più un simpatizzante del Movimento». Fosse per lui, Becchi voterebbe per «Rodotà o Zagrebelsky», nomi che «metterebbero in difficoltà il Pd». Che al docente i Democratici non vadano giù è noto. Fin da quando, alcuni giorni fa, arrivò a definire «traditore» il deputato Tommaso Currò colpevole di aver auspicato un dialogo col Pd. Dialogo che, invia istituzionale, avrà comunque luogo oggi, quando i capigruppo Roberta Lombardi e Vito Crimi incontreranno Bersani nell’ambito delle consultazioni che il segretario Pd sta portando avanti per individuare un nome condiviso per il Colle. L’incontro doveva in realtà tenersi ieri, ma i grillini hanno chiesto di rinviarlo ad oggi dopo che, in mattinata, sul blog di Grillo sarà stato reso noto l’esito delle Quirinarie. Il M5S ha chiesto nuovamente la diretta streaming del vertice e, in ogni caso, non dovrebbe discostarsi dalla posizione già enunciata. «Voteremo il nostro candidato fino all’ultimo - ha spiegato la Lombardi - la linea non verrà rimessa in discussione». Se Prodi non dovesse ottenere il via libera dal web, quindi, sarebbe difficile ipotizzare una convergenza di preferenze grilline sul Professore dal quarto scrutinio in poi. E poco importa se «quindici anni fa Grillo andava a casa di mio fratello Romano per chiedere consigli di economia». L’aneddoto raccontato ieri da Franco Prodi non farà cambiare opinione ai parlamentari a 5 Stelle. Di acqua sotto i ponti ne è passata troppa: ormai il comico ha altri maestri.
© 2013 Il Tempo. Tutti i diritti riservati