
La spettacolarizzazione dei processi non l'ha inventata Bruno Vespa. Uno dei fatti di costume più significativi all'inizio degli anni sessanta fu un caso di uxoricidio, il cosiddetto processo Fenaroli, la cui sentenza fu attesa, in un'alba del 1961, da ventimila persone sul lungotevere romano di fronte al palazzaccio ".
I delitti e i processi attirano l'opinione pubblica come poche altre cose. Un fatto di cronaca nera, può essere dunque usato come formidabile diversivo nei confronti dell'opinione pubblica. Funziona.
Ma fino a un certo punto, che forse in Italia si è superato. Infatti il processo di Perugia ha prodotto, inevitabilmente in modo distorto, la mobilitazione della gente. La fiducia nella magistratura di accusa è tale da rendere quasi scontato che ci fosse gente in piazza a gridare «Vergogna!». Gente ansiosa di condanna, comunque e a prescindere. Il fatto che, comunque la si pensi, le indagini avessero, come al solito, notevoli buchi non fa riflettere che pochi. Altri, se mai, addebitano il tutto alle "toghe rosse " e anche loro dicono «Vergogna!» e sono di scena a Milano. A questo i talk-show, ma anche i programmi satirici, sono riusciti. A rendere l'opinione pubblica - ostaggio di una faziosità impermeabile al ragionamento, dopo averla privata di un dibattito civile. Magari l'uso della televisione fosse solo volto a distrarre, a un certo punto l'evidenza avrebbe la meglio. La devastazione culturale che viviamo prepara il peggio.
© 2011 Il Riformista. Tutti i diritti riservati