
22/10/10
Libero
Oh bella, i finiani hanno scoperto Fini. E così adesso si rivoltano contro di lui sui siti e lo attaccano con toni talmente duri che in confronto Stracquadanio e Gasparri sembrano batuffoli all'acqua di rosa: «Hai gettato la maschera», «Ti sei bruciato», «Hai perso credibilità», «Ci hai preso in giro», fino all'immancabile: «Ci hai tradito». Proprio così: «Ci hai tradito» . Ben arrivati, si capisce, ma dov'è la novità? Come sipoteva pensare che uno che ha tradito il fascismo, ha tradito An, ha tradito il PdL e soprattutto ha tradito le idee di una vita, trovasse improvvisamente fedeltà ai principi di un partito privo di passato e soprattutto privo di futuro (nonostante il nome)? Come si poteva pensare che uno che non ha avuto esitazioni nell'abbandonare gli amici di una vita stringesse un patto di ferro con compagni di strada appena trovati? Come si poteva pensare a uno che ha girato le spalle alla storia d'Italia diventasse poi coerente con la storia di Generazione Italia?
Se qualcuno fra i nuovi fan finiani ci aveva creduto, beh, allora spiegategli che Babbo Natale non esiste e che quando cade il dente da latte non è il topino che porta le monete. Per anni Fini ha lottato contro l'immigrazione irregolare, salvo poi scoprirsi il primo amico degli immigrati; per anni ha professato fedeltà ai valori della Chiesa cattolica, salvo poi scoprire la bellezza dei matrimoni gay; per anni ha tuonato contro la lottizzazione della Rai, salvo poi scoprire la bellezza dei contratti alla suocera. Quando ha cominciato a parlare come Di Pietro, c'era qualcuno che poteva forse credergli?
Infatti: l'altro giorno ha dato il via libera a Lodo Alfano e ha fatto votare contro l'autorizzazione a procedere su Lunardi. Fini è fatto così: come iscritto al Msi ha retto 27 anni, come segretario di An 13, come cofondatore del PdL 2 anni. Come leader del partito giustizialista non ha retto neanche due mesi. Evidentemente invecchiando peggiora. Per carità, nei contenuti ha ragione, la linea è quella per cui è stato votato. Ma che ne sapevano i suoi nuovi fan provenienti dalla sinistra tendenza Santoro? Loro sono accorsi, l'hanno applaudito, si sono illusi. E sono stati traditi, manco fossero dei fascisti della prima ora. Non poteva che essere così. Un po' perché è nella natura di Gianfranco quella di non essere fedele a quel che pro mette, un po' perché era davvero bizzarro che lui potesse sostenere a lungo posizioni alla Di Pietro. E poi, a dirla tutta, quello che ha più da guadagnarci con il lodo Alfano è proprio lui: "proteggere la funzione istituzionale" è fondamentale per evitare eventuali rischi in arrivo da Montecarlo...
Diciamoci la verità: per il Cavaliere questo provvedimento costituisce un appuntamento marginale, solo una tappa nel lungo confronto aperto da anni con la magistratura. Da quando Silvio ha deciso di dedicarsi alla politica, si sa, un gruppo di toghe politicizzate gliel'ha giurata e quindi non gli dà pace: fatto il lodo, troveranno l'inganno giudiziario. E continueranno dunque a perseguitarlo in ogni modo, come hanno fatto finora. Più che lo scudo, a Berlusconi in realtà servirebbe lo scudetto, soprattutto se si va a nuove elezioni: i gol del ministro Angiolino, per quanto importanti, contano meno di quelli di Ibrahimovic. E quindi, come si diceva, di questi tempi il lodo Alfano, soprannominato non a caso Al-Fini, serve più a Gianfranco, che, infatti, potrà usarlo subito come barriera fra sé medesimo e le eventuali malefatte dei Tulliano's nel Principato (o anche in Rai). Per lanciarsi così senza zavorre verso il nuovo partito (in attesa di affossare anche quello). Per questo ha ragione il ministro della Giustizia Alfano quando dice che, sulla strada della giustizia, con Futuro&Libertà ormai «la strada è spianata». E vero che ieri i finiani si sono radunati e hanno provato ad alzare la voce: ma si tratta solo di una cortina di fumo, per cercare di ammorbidire i malpancisti della base. E infatti su che cosa hanno alzato la voce? Sul Lodo Alfano? Sulla protezione alle cariche istituzionali? Sul valore retroattivo di quel provvedimento?
Macché: i loro tre dubbi (tre di numero) riguardano la presunta bozza della futura riforma della giustizia. Cioè un testo che nessuno ha ancora letto e i cui margini di ambiguità sono notevoli. E sapete che cosa contestano i finiani? I principi cardini della riforma? La separazione delle carriera? I due Csm divisi? Macché: contestano la collocazione della polizia giudiziaria, il numero di componenti laici del Csm e i nuovi poteri del ministro della giustizia. Tre temi su cui, lo sanno benissimo, non sarà difficile smussare gli angoli e trovare l'accordo, una volta dato l'assenso agli elementi essenziali. Risultato? Pappa, ciccia e un po' di ammuina per non farsi scoprire. Le dichiarazioni rilasciate ieri dei finiani fotografano esattamente la situazione: «Abbiamo messo i paletti alla riforma e questo certifica le nostre intenzioni», tuona Fabio Granata nel tentativo di tranquillizzare i propri seguaci sedotti e abbandonati sul tema della legalità. Ma nel frattempo Italo Bocchino mette le mani avanti: «Faremo loro capire perché il lodo è giusto». Quindi il ministro Alfano ha ragione a dormire sonni tranquilli. E Berlusconi pure. Fini non è mai riuscito a darsi un tono, ora ha fallito pure nel tentativo di darsi un Tonino: è così inaffidabile che ci ha messo pochi giorni a buttare il giustizialismo dipietresco laddove normalmente butta tutte le sue idee. Alle ortiche, cioè. Qualcuno potrebbe pensare che ha fatto l'ennesima giravolta sentendo odor di casa. E questo forse è vero, basta intendersi di quale casa si parli. Quella di Montecarlo, potrebbe essere?
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