
L`ha chiamato «stanco, vecchio dibattito», quello che impegna da decenni destra e sinistra divise tra atomo e ambientalismo, entrambe troppo prese dalla propaganda e troppo poco dall`analisi tecnico-scientifica. Barack Obama parla degli Stati Uniti- annunciandola costruzione di nuovi reattori nucleari - ma in Italia lo «stanco, vecchio dibattito» resta com`era quasi dai tempi del 1987, anno del referendum che bocciò il nucleare. «Al governo va dato il merito di aver riaperto il problema ma la soluzione, quella sì che è vecchia». Nicola Rossi, senatore riformista del Pd, è un "pentito". Votò contro il nucleare e ancora adesso ripensa a quello sbaglio. «Fu uno dei referendum più dominati dalla disinformazione. Io stesso mi feci prendere dall`emotività, non ragionai. Oggi voterei in modo diverso». Chi invece non ha cambiato idea è Umberto Ranieri ma a quei tempi fu considerato un "eretico". «Votai a favore ma non saprei dire se oggi la politica e la società sono ancora dominate dall`emotività che c`era allora. È da verificare. Mi auguro che proprio la svolta di Obama induca la sinistra ad aprire un dibattito serio, documentato, supportato da analisi scientifiche. Anzi, lo chiedo ufficialmente al Pd».
L`idea che Obama possa trascinare il Pd su un altro spartito sul tema del nucleare non è solo della frangia riformista-migliorista della sinistra. Anche chi è nella maggioranza bersaniana, come Matteo Colaninno, prende seriamente la svolta di Obama. «Da democratico non posso che augurarmi una stessa riflessione anche qui, soprattutto alla luce della netta discontinuità politica del presidente degli Stati Uniti rispetto alla sua campagna elettorale. Segno di una crisi economica profonda che a maggior ragione dovrebbe indurre l`Italia a una riflessione visto il paradosso in cui viviamo: quello di avere tra i più alti costi energetici». Colaninno si dice «non ostile» al nucleare e del resto lo stesso Pierluigi Bersani viene considerato da tempo un "fan" dell`atomo. Ma le obiezioni che fa il segretario al governo sono le stesse che sentiamo da Colaninno: «Come fa un paese che non sa gestire i rifiuti urbani, che fa fatica sulla raccolta differenziata a gestire il problema dei reattori nucleari puliti e sicuri? Francamente l`arretratezza italiana mi fa paura».
Forse qualche punta di eresia deve essere rimasta ancora a Ranieri quando insiste e fa osservare che «queste non sono buone ragioni. Non si può prendere la debolezza italiana come un destino ineluttabile o una condanna all`arretratezza. Una sinistra che si candida a governare deve indicare le cause della sua debolezza e proporre soluzioni. Il tema del nucleare non può essere eluso». Ma adesso lo sarà, nonostante Obama, Per una ragione che spiega Michele Salvati. «Fino al voto di marzo è inutile parlarne. Non si uscirà dalla propaganda. Ma non dispero che dopo - con tre anni senza scadenze elettorali non si possano affrontare seriamente i problemi dell`Italia tra cui quello energetico. E la sinistra deve rispondere: qual è l`al- ternativa al nucleare?». Lo «stanco vecchio dibattito tra destra e sinistra» che Obama vuole archiviare qui ha diverse varianti pre-elettorali: le divisioni tra governo e territori, la logica del nimby. «Il sì al nucleare
del ministro Scajola - racconta Colaninno -viene subito smentito dai governatori di centrodestra: a piazza del Popolo a Roma campeggia un manifesto elettorale del Pdl in cui si dice che il Lazio non ha bisogno del nucleare. E lo stesso dicono Formigoni o Zaia. L`ideologia non sta solo a sinistra». Al di là di ogni buona intenzione, resta l`oceano tra Italia e Usa, come fa notare Rossi. «È un abisso. In termini di risorse e investimenti, di retroterra tecnico-scientifico, di consapevolezza del tema sull`autosufficienza energetica che è un pezzo di politica estera americana. La svolta di Obama sul nucleare non la considero tale: anche la green economy era strettamente legata all`indipendenza sulle fonti energetiche come lo è il nucleare. È pragmatismo. Di quello sano»
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