
«Affermare i valori di legalità e solidarietà entrambi oscurati dai gravi avvenimenti di Rosarno». È questo l’impegno che il presidente della Repubblica vuole rinnovare e al quale intende richiamare tutti in occasione della sua partecipazione alla “Giornata della Legalità” prevista a Reggio Calabria il 21 gennaio. Una presenza, quella del più alto rappresentante delle istituzioni, destinata a dare concreta espressione al valore della presenza dello Stato in un territorio ferito dall’illegalità, dallo sfruttamento criminale e dalle violenze diffuse emersi in questi giorni. Oltre allo spettro del razzismo, sollevato con forza ieri da un duro j’accuse dell’Osservatore Romano. «Un odio muto e selvaggio verso un altro colore della pelle, che credevamo di aver superato. E la cronaca lo conferma: noi italiani, da Nord a Sud, non abbiamo mai brillato per apertura, e non siamo stati capaci di riscattarci, quando il “diverso” si è fatto più vicino». Il giornale della Santa Sede sottolinea come «nel 2010 siamo ancora all’odio, scandito e ritmato dagli sfottò, o fattosi gesto concreto. Un fenomeno che emerge in un viaggio in treno, in una passeggiata nel parco o in una partita di calcio». Un muro che, secondo il quotidiano, non è stato intaccato in alcun modo «dall’esempio di Obama che imperversa ovunque, ma che non ha fatto breccia nel dimostrare il valore dell’incontro tra razze diverse».
Le critiche del giornale della Santa Sede non restano isolate sul piano internazionale: il New York Times scrive che «le immagini giunte della città calabrese sono il più vivido esempio delle crescenti tensioni razziali in un’Italia divisa fra accettazione e xenofobia verso extracomunitari che vivono in condizioni subumane»; e il presidente della commissione per l’Immigrazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Corien Jonker, parla del «calderone di razzismo, violenze e sfruttamento, emerso a Rosarno».
Accuse che però i cittadini di Rosarno rifiutano, scendendo in piazza «per respingere l’immagine di città xenofoba, mafiosa e intollerante». Un corteo di un migliaio di persone, fra cui anche immigrati, aperto da uno striscione che recita: «Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai media. Vent’anni di convivenza non sono razzismo», e al termine del quale alcuni ragazzi di Rosarno leggono comunicati a favore della legalità e contro le organizzazioni criminali della zona, «per ribadire ancora una volta che la loro città è civile, pulita e rispettosa». E mentre proseguono le demolizione dei centri di ricovero che ospitavano i lavoratori extracomunitari, gli inquirenti della Procura di Palmi cercano di individuare i responsabili delle violenze e capire se e a quale livello sia implicata la ’ndrangheta, come già ipotizzato dal procuratore aggiunto della Dda di Reggio, Nicola Gratteri, e alla luce dell’arresto di un uomo legato a un clan locale: il figlio di Giuseppe Bellocco, capo dell’omonima cosca egemone a Rosarno, che resta in carcere con altri due italiani, uno dei quali accusato di tentato omicidio. Al centro dell’attenzione dei magistrati è scoprire i responsabili del ferimento di due immigrati a colpi di fucile ad aria compressa, aggressione da cui è scaturita la rivolta dei braccianti africani, oltre a quelli delle spedizioni punitive armate contro gli stranieri.
Sul fronte istituzionale intanto il presidente della Camera Gianfranco Fini individua nel razzismo e nel buonismo i due mali da eliminare nell’affrontare il tema dell’immigrazione, e rivendica nel contrasto all’immigrazione clandestina la lotta allo sfruttamento del lavoratore irregolare da parte degli schiavisti: «Una realtà che le autorità conoscono bene, ma che, in molti casi hanno preferito ignorare, senza compiere il loro dovere». Nell’opposizione, Pier Luigi Bersani annuncia che andrà presto a Rosarno e indica la lotta alla ’ndrangheta, «ancora in un’area d’ombra rispetto ad altre mafie, come la priorità per risolvere la situazione calabrese». Poi punta il dita contro la legge Bossi-Fini, «inadeguata ad affrontare la realtà del lavoro, poiché chi sceglie di raccogliere le arance deve farlo come lavoratore regolare». Alle critiche del segretario democratico il Governo risponde con un piano nazionale per l’integrazione, annunciato dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che osserva come «sia doveroso sanzionare tutti gli episodi che in qualche modo esprimono intolleranza etnica», aggiungendo che «esiste anche una resistenza ottusa alle possibilità di regolarizzazione del lavoro che la legge sull’immigrazione offre».
Di «rivolta degli schiavi contro i negrieri del 2000 che hanno sfruttato e stanno sfruttando il lavoro nero che nessuno vuole fare» parla il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, mentre la leader radicale Emma Bonino esorta ad affrontare il fenomeno dell’immigrazione in modo pragmatico, «respingendo l’illusione di voler essere un Paese bianco, romano e cattolico, e puntando sull’integrazione e la legalità».
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