
Appesi ai magistrati. È lo strano destino scelto da Berlusconi per vincere la "guerra delle carte bollate" che ormai da dieci giorni domina il dibattito politico. Arriva infatti alla stretta finale la via giudiziaria imboccata dal Pdl per far riammettere la lista provinciale di Roma alle consultazioni nel Lazio. Entro stasera l'fficio elettorale regionale presso la Corte d'ppello dovrà sprimersi sul ricorso presentato dal Pdl contro la bocciatura sancita martedì dal Tribunale, che per la seconda volta ha tagliato fuori il simbolo del Cavaliere perché neppure la documentazione presentata grazie alla riapertura dei termini imposta dal governo rispettava i requisiti richiesti dalla norma interpretativa. Domani, invece, sarà il Consiglio di Stato a decidere se confermare o ribaltare l'odinanza del Tar che lunedì scorso ha rfiutato di sospendere iprovvedimento di esclusione della lista disposto dalle commissioni elettorali prima del decreto salva-liste.
Decreto che la Regione Lazio punta a far dichiarare illegittimo chiedendo alla Consulta, nel ricorso depositato ieri dal professor Federico Sorrentino, di sospenderne l'esecutività: l'udienza potrebbe essere fissata già giovedì.
Intanto è su Palazzo Spada che si concentrano le maggiori aspettative del Pdl. Perché se appare quasi scontato il secondo no dell'ufficio centrale regionale, «sull'appello al Consiglio di Stato siamo fiduciosi», spiega il deputato-avvocato Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del partito. Due le novità rispetto alla documentazione prodotta davanti ai giudici del Tar: video e testimonianze per dimostrare che i carabinieri si sono sbagliati quando, alle 12 del 27 febbraio, hanno fatto l'appello da cui non risultava presente nessun delegato del Pdl. Uno c'era, secondo la tesi difensiva, e aveva in mano la cartellina con dentro l'atto principale e tutti gli altri incartamenti non inseriti nel famoso scatolone rosso parcheggiato fuori dall'ufficio elettorale.
La seconda novità è rappresentata dalla "prova" notarile che non c'è stata alcuna manomissione
tale da giustificare un eventuale ritardo: l'intera documentazione, divisa in più parti, deve infatti essere vidimata da un notaio prima di esseredepositata, com'è avvenuto tra il 22 e il 26 febbraio, nei giorni cioè antecedenti la consegna della lista.
Una ricostruzione che il pool di legali del Pd guidati dal professor Vincenzo Cerulli Irelli confuterà in toto: «Non solo il decreto salva-liste è inapplicabile perché non può incidere sulla legge elettorale della Regione Lazio, come ha rilevato il Tar, mai fatti sostenuti dal Pdl semplicemente non esistono». Azzarda un pronostico l'avvocato Gianluigi Pellegrino, che insieme a Federico Vecchio e a Francesco Rosi compone il collegio di difesa: «Il Consiglio di Stato potrebbe subito dichiarare improcedibile il ricorso perché il massimo che il Pdl poteva ottenere - cioè ripresentare la lista - l'ha già avuto grazie alla riapertura dei termini disposta dal decreto del governo».
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